lunedì 31 agosto 2015

LA SCELTA MIGLIORE

Un tempo correvamo tutti con le nostre MTB per vedere chi stava in sella nei passaggi più complicati. Quelle radici in salita, quei gradini sul tornante, la gioia veniva dal non mettere piede a terra.

Poi vennero i giorni delle prime gare, delle sfide con chi conosci a tre ore dal primo, ma tronfi di orgoglio per aver tenuto dietro il rivale amico di sempre.

Poi arrivarono le sfide estreme, i campionati e le coppe, le categorie, l'orgoglio di aver finito i percorsi più lunghi e con più dislivello.

Infine viviamo l'epoca dei preparatori e delle tabelle, dell'alimentazione perfetta e del peso ideale, dei watt e dei bpm, degli amatori che vivono e corrono come professionisti e il lunedì al lavoro sono degli stracci. Che poi ci riconosciamo non solo in spiaggia ma anche per strada, tanto siamo magri, lucidi e depilati, tirati, tecnologici e superfit. Per il resto del mondo con la faccia un pò da malati.

Quindi oggi fare qualcosa che non sia la scelta perfetta pregara appare un'eresia, un insulto. Il mercoledì ripetute, giovedì i richiami, venerdì riposo o due orette sciolte, sabato uscita pregara con richiami e domenica si corre. Per arrivare come me, magari, 152esimo e rimanere una nullità.

Per questo finalmente credo di avere fatto una cosa giusta. Dopo avere provato mercoledì il giro della gara di Cogne, giovedì ho accolto a braccia aperte la richiesta di Francesco, mio secondo genito di 13 anni, di andare soli io e lui in gita. "Franci però una cosa morbida che domenica lo sai ho la gara...".
E sono venute fuori oltre 9 ore di cammino, fino ai ghiacciai del Gran Paradiso, tra gradini, sentieri ripidissimi, corde e scalette metalliche, creste e morene, e un sole che sbranava gli occhi. E noi estasiati a guardare la meraviglia dei monti e della natura, dei ghiacci e delle rocce a 3000 metri di quota la dove spariscono i sentieri e si va sulle pietre dove meglio si riesce.










Venerdì e sabato le gambe distrutte, a cercare qualche soluzione per rimetterle in sesto, dai bagni con l'acqua gelida allo stretching.
E domenica la Gran Paradiso Bike corsa a ben vedere al meglio delle mie possibilità dell'anno in questo tipo di gare, con Francesco e le sue sorelle a darmi il cinque per strada, senza alcuna penalizzazione fisica per le montagne scalate a piedi con lui, felice e pieno di aver finalmente imparato a fare la scelta migliore.



BikerForEver


mercoledì 29 luglio 2015

LA CORSA DELLA CONSAPEVOLEZZA

Primo giorno, il sole caldo rende l'aria umida irrespirabile. Due montagne alle spalle, devo ora pedalare con Andrea per un tempo troppo lungo sulle piste ciclabili, l'ambiente della Transalp che in fondo più temo, quello che ti consuma, che ti logora la mente, che ti obbliga a un ritmo non tuo. Lui ha appena chiuso il buco sul gruppo davanti, siamo oltre l'ottantesimo chilometro, vedo un altro gruppetto davanti e riparto, senza dubbi senza pensieri, la velocità sale mentre appoggio i polsi sul manubrio per aumentare il ritmo. Li prendo senza affanno, senza paure, senza pensare al dopo.



Ho scalato bene la prima salita e siamo scesi a Leogang con la gioia nel cuore, il bike park ha portato le urla di felicità e la voglia di tecnico, di pancia sulla sella e occhi sgranati, di adrenalina che scorre a fiumi mentre senti dentro la furia che sale. Mentre salgo nuovamente per oltre 1000 metri di dislivello arriva inaspettata la crisi: la schiena si blocca, le gambe perdono forza ed energia. E' il momento della sopportazione, ma anche della sorpresa, non me la aspettavo già al secondo giorno. Non impreco, non mi rassegno, calo il ritmo e attendo che arrivi la fine della fatica per tuffarmi in discesa come un folle senza più paure.



Sono salito per due ore consecutive tra montagne che tolgono il fiato. La strada di prato termina e inizia un sentiero di prati e poi rocce, la bici in spalla e la forza per fare alti gradini con le sole forze delle gambe. Quando dopo quasi tre ore e mezza finisce lo sforzo, finisce il portage, finiscono i nevai e le pietre e si apre la vista sull'infinito, so che mancano ancora 90 chilometri di mountain bike per arrivare a Sillian. Mi tuffo sereno, e continuo a pedalare con Andrea, maturi, consci dello sforzo che ci attende, senza mai temere la fatica che verrà.



Ho passato boschi e prati che conosco e che grondano di ricordi dei miei figli. L'Alta Pusteria per me è terra di casa, arrivare a Cortina da Dobbiaco è cosa ben nota. La salita all'Averau, un muro che sembra mai finire, ha visto la fatica arrivare sulla mia schiena, ma senza perdermi d'animo ho continuato portando in altri lidi i pensieri. La discesa inizia tagliando lo scarico di pietre della montagna come una lama, la paura si legge sui volti dei biker che prendo e passo mentre sento che sale la gioia. Appena trovo un prato mi volto e vedo gli occhi decisi di Andrea, mi rivolto e attacco felice. Ho davanti a me una picchiata in single track di 1500 metri di dislivello, sento che sale la gioia, i miei occhi che si sgranano con lo sguardo della fame, la fame di adrenalina.



La quinta tappa è terra che conosco. Qua con Loca corsi nel 2011, in una giornata che ricordo come se fosse ieri. Quando arrivo ad attaccare la salita prima del Lusia con 2000 metri di dislivello già nelle gambe so già che la crisi arriverà molto più avanti, sulla strada balorda e piena di ghiaia che sale alla Capanna Segantini, prima della picchiata su San Martino. Eppure sento le gambe piene, il cuore pieno, e sale voglia di prendere la maglia che ho davanti, e poi quella dopo, e ancora quella dopo, in un gioco che so essere folle ma che mi piace gestire, mentre l'animo si nutre della sottile soddisfazione, tipicamente ciclistica, del sorpasso.



Oggi è una giornata balorda. Nel primo single track tecnico Andrea ha bucato mentre io ci prendevo gusto, e poi la salita infinita verso il Cinque Croci ha visto di nuovo la mia schiena bloccarsi. Ora siamo bassi e fa un caldo infernale, l'ultima salita in asfalto sarebbe da aggredire di forza nelle sue dolci pendenze ma le energie sono finite e sento la crisi arrivare. Di colpo inizia lo sterrato tra prati e malghe e la strada comincia a vallonare. Capisco che fra poco sarà discesa e non so come e dove, ma trovo la forza per partire e riprendere chi durante la crisi mi aveva passato e gettarmi per primo nel sentiero che si tuffa a valle, in preda alla rabbia e lasciando andare i freni senza un errore, senza paura del fango o delle pietre viscide, lasciando che la mia BMC voli leggera.



Ultimo giorno, non ho paura di farmi male. La salita del Bondone ci ha devastato tutti, con le sue pendenze fino al 40%, interminabile e per molti senza alcun senso. Ho sentito la fatica salire dura, ma ora che sono qua sopra tra prati che sembrano dominare il mondo, sento che sale dalla pancia, sento che arriva e mi lascio andare per sentieri da panico, viscidi e pieni di pietre, che sembrano non finire mai. Le mani non fanno male, le spalle non fanno male, gli occhi non vedono altro che i metri innanzi la ruota, mi sento felice, mi sento pieno, mi sento biker.
Quando vediamo il cartello dei 500 metri alla fine della nostra Transalp ci rilassiamo, cerchiamo le nostre mani e andiamo pieni a tagliare il traguardo. Il cuore è sazio, sereno, colmo della consapevolezza di aver gestito una fatica immensa senza mai alcun dubbio che, in fondo, tutto si può fare.



Ho ogni istante di questa Transalp corsa con Andrea negli occhi e nel cuore, per sempre. Basta che mi sdrai adesso un momento nel letto e tutto torna, tutto risale. Gli occhi hanno impresso la mente, ora tutti quei momenti sono dentro di me e so che ci resteranno.
Non mi aspettavo un percorso così bello, completo, appagante. Che questa fosse una corsa, una vera corsa, già lo sapevo. Entri in griglia ogni mattina e devi avere il coltello tra i denti perchè nessuno ti regala un metro. Ma che poi fosse anche un vero percorso di mountain bike di alta montagna, tra scenari meravigliosi e sentieri da pura adrenalina, con in mezzo ogni tipo di strada che puoi immaginare, dall'asfalto delle statali a quello delle piste ciclabili, dai ghiaioni alle piste sottobosco, dagli argini dei torrenti ai prati, dai sentieri con la bici in spalla alle salite ripidissime lastricate di pietre, ecco questo non me lo aspettavo.
Quella macchina organizzativa perfetta che avevo trovato nel 2011, ma che proponeva percorsi troppo stradistici per esaltarmi, ha ora unito la scelta di strade da biker veri e puri, per un risultato veramente appagante.
Gli anni passano e tante corse a tappe più o meno di successo si affacciano in ogni angolo del mondo per chi ama la mountain bike. Ma la vecchia Transalp resiste immobile e ferma, sicura della sua fama e del suo successo. In fondo credevo, credo e continuerò a credere che nessuna persona che ama la montagna e la MTB possa un giorno esimersi dal venire qui a confrontarsi con la regina delle corse.

Sono stati oltre 19000 metri di dislivello, oltre 600 chilometri corsi in perfetto accordo con Andrea, sono stati le sveglie alle 6 e mezza e le colazioni, il borsone da consegnare e l'attesa della partenza sdraiati nel letto a cercare la pace, le cene e i lunghi sonni, le risa e le pacche sulle spalle con gli altri italiani, i nostri occhi lucidi alla fine e la consapevolezza di aver corso una Transalp al meglio della nostra possibilità di persone assolutamente normali, in grado di arrivare 35esimi Master e 141esimi nell'assoluta, su oltre 500 coppie alla partenza.

Ci saranno altre corse a tappe, ci saranno paesi lontani ed esotici ad attendermi, ma lo dico piano, che non si senta in giro, io partirei per una nuova Transalp domattina....


BikerForEver





lunedì 6 luglio 2015

LA GIOIA CHE ESPLODE

Sto scendendo come un folle tra radici, pietre e gradini su un sentiero di montagna. Il sole alto, caldissimo, già oltre 8 ore di salite nelle gambe. E da quasi 100 km che supero biker, mentre la testa è finalmente vuota, leggera, le gambe leggere, l'animo leggero.
La mia dolce BMC vola, i miei occhi sono una furia.

Fabri ma dove eri stato tutto questo tempo?

Finisce l'ennesimo sentiero impossibile, vedo Megève. Entro in paese, a destra finisce la 100 km. a sinistra si va per la 140. Giro senza esitazione e urlo come un pazzo, la gente si volta e leggendo il mio numero sulla tabella del 279 mi grida "Alesi Fabriziò, bon courage". Urlo ancora, piango.

In fondo mancano solo 2000 metri di dislivello e 40 km di sentieri di montagna, solo qualche folle picchiata tecnica da 1000 per volta, in fondo tutto si può fare.

Leggero come l'aria, riprendo e rido come un folle. E' il mio giorno, il resto non esiste, io sono la gioia che esplode.

Nonostante i 38 gradi mai visti alle basi del Monte Bianco, nonostante la partenza in fondo alla griglia, nonostante 140 km con 7000 metri di dislivello, nonostante un percorso oltre il limite della pazzia come solo i francesi possono concepire, nonostante altri 800 biker con il mio stesso sogno da finisher de "La course VTT la plus difficile au monde", nonostante la borraccia persa al 115esimo e la crisi seguente più di paura che di reale disidratazione:

Sono 47esimo assoluto e l'incarnazione della felicità dopo 12 ore e 58 minuti indimenticabili.

Grazie a Andrea "Zambo" della compagnia (e chapeau per la prestazione), grazie a tutti quelli che hanno lavorato per questa fantastica MB Race, grazie a chi ha permesso che oggi la mia bici volasse, rendendomi leggero come se tutto fosse svanito in un istante.

BikerForEver




domenica 21 giugno 2015

CICLISMO ED IPOCRISIA

La versione che dovrei scrivere:

Oggi sono andato a correre la Rampicarza Supermarathon, durissima gara a due passi dalla Svizzera. Lotto partenti ristretto ma di grande qualità.
Regno della MTB old style e in un contesto da favola.
Gara dura e tecnica, ho ottenuto un ottimo quinto posto tra gli M4 e un 37esimo assoluto.
Le mie qualità di discesista tecnico si sono esaltate.

La versione a mio modo:

Volevo la marathon a Vinadio ma pioveva, me la sono andata a cercare oggi. La Rampicarza in versione lunga era un pò la prova dura che cercavo per capire come sto.
Esco di casa alle 6 e sarà sole. Meno male che questa è un inferno in discesa, me la ricordo ancora dal 2013.

Arrivo in questo posto in culo ai lupi, appeso sopra al lago Maggiore, alle 7,30 e non c'è ancora nessuno. Desolazione totale.
Dopo un pò ecco i giudici, mi iscrivo e mi danno il 46. Sarà uno scherzo penso...
Mi giro e leggo un bel cartello: ristori solo idrici, portatevi dietro da mangiare. Gli ho appena sganciato 40 euri, chapeau.

Partiamo in 70 credo per il lungo, più 4 gatti divisi tra corto e cicloturisti. Solita storia:  #nonlamuovo.
Soffro sempre, mi guardo attorno e sono convintissimo di essere ultimo.
Finisce la prima salita, scendo forte e ne prendo 4, oh la, meno male ero già in crisi di solitudine.
Si risale al 20% fisso e mi staccano, tanto ormai sono abituato.
Cielo sereno, alzo la testa e mi godo i paesaggi.
Ad un certo punto comincio anche a essere proprio stanco: guardo il Garmin, ho fatto 21km. Giro la pagina, 1420+, e te credo che comincio a esser stanco.
Inizia una parte vallonata e mi riprendo, ne supero un paio, dai che non sono ultimo.
Attacca la salita di prato del monte che da il nome alla gara, credo, e mi ripassano e lasciano lì come un pirla.
Discesa mooolto tecnica e li riprendo e siamo all'ultima salita, son quasi 50km ormai e oltre 2000+. Attacco e spariscono dietro, dai che sono un figo, non faccio ultimo. Inizia la discesa, sempre infernale, e dico qua me ne mangio due o tre, ed invece sti due non so che gli salta in testa, dopo che per 4 ore in discesa erano dei paracarri, vengono giù come la conoscessero a memoria e mi passano a due passi dal traguardo.

Mi cambio a fianco di Rufus, morale sotto i piedi. Vado da solo a mangiare, poi meno male arriva David e mi tiene compagnia: pasta scotta che nemmeno al Trompone, arrosto appena tolto dal frigo. Continuo a pensare ai miei 40 euro....

Mentre torno alla macchina, vedo che nelle classifiche sono 37esimo e quinto M4, mi vergogno di me stesso, ho distacchi patetici dagli altri.
Salgo in auto, metto a volume da sordità precoce gli Afterhours e canto per un'ora e mezza.

Canta Fabri, canta che ti passa.

BikerForEver




lunedì 15 giugno 2015

LA MADRE TERRA

Immagini:

Scollino la prima dura salita, una stradina asfaltata, mentre diluvia. Mi getto in un sentiero tortuoso di montagna, un piccola striscia di fango in un prato pieno di fiori. Realizzo in un attimo che la bici mi asseconda e scendo come un indemoniato per centinaia di metri di dislivello, chiedendo continuamente strada.

Esco dal fossato del Forte pieno di melma e trovo la gente che aspetta il nostro passaggio. Mi guardo attorno ma non ci sono, boh saranno in macchina piove così forte che si vede a 5 metri. Prendo la traccia che costeggia il torrente tra pozze enormi e fango, e le vedo, due ragazzine che ridono sotto l'acquazzone e si mettono a gridare "Dai Fabri, dai papi" ridendo come sto ridendo io, a crepapelle.

Cerco di tenere il passo di Sparaventi sulla lunga salita viscida che sale verso Bergemolo, ma non ne ho abbastanza, come sempre. Mi stacco ma arrivato in cima mi butto nel single track viscido e mi diverto, vado sempre più forte e mi diverto, prendo un pò di bikers e passo anche la Barbara Piralla.

Inizio a salire il Pirone, e lei mi riprende. Le dico "in salita proprio non la muovo" e la lascio andare senza più rivederla se non all'arrivo. Continuo a stento mentre barcollo, ma dentro continua a venirmi da ridere mentre esce addirittura un raggio di sole.

Passo il traguardo, trovo Miki e la sua amica Nicol allegre, felici. Vado alla macchina e mi spoglio con il fango che copre ogni centimetro della mia pelle, mi guardano mentre mi lavo con l'acqua della borraccia realizzando la prima che ha un padre folle, la seconda che ha un amica con un padre folle. E continuo a ridere mentre, con la terra fra i denti, dico loro "ragazze, non capite, questo è il contatto con la madre terra, è la cosa migliore del mondo".

Un weekend a Vinadio per correre la Promenado con la mia Michela e la sua amica. Due giorni sotto il diluvio. Mi spiace per chi ha organizzato il tutto, bravissima gente che meritava il sole e un mare di bikers. E mi perdonino se io sono felice che venisse acqua a secchiate, perchè è stata la gara più divertente dell'anno. Madre pioggia e Madre terra.


BikerForEver










lunedì 8 giugno 2015

LA VERITA' DELLE COSE

Tre giorni in Val Venosta, in ottima compagnia, con Albi e Zambo. Poi c'erano anche Ricky, David e Simone. Insomma tutte le carte in regola per un bella cornice alla gara.

Tempo splendido, anche se troppo caldo.
Organizzazione teutonica praticamente perfetta. Un bel pacco gara.
Uno scenario montano bello, anche se non è il caso di sprecare gli aggettivi, ho visto di meglio.

Una gara dura, sulla carta venduta come tecnica e di vera montagna.

La realtà: il più brutto percorso lungo che io abbia mai pedalato.
Non so perchè bisogna dire sempre balle. Ho letto commenti entusiastici, sul percorso e sui paesaggi.
O questa gente non è mai andata in MTB o ama non dire la verità delle cose.
La Ortler Bike Marathon fa schifo. Stop.

Bella la prima salita, di 21 km. Bello forse il primo km di discesa. Poi una noia pazzesca, solo fatica.
Stradoni nel bosco a salire con vista zero.
Stradoni ghiaiati a scendere o asfalto. Per dire l'ultima lunghissima discesa quasi completamente asfaltata.
Una DSB, una Hero, sono immensamente più belle e tecniche in paragone. E sia chiaro che sono considerate già queste stradoni.

La prestazione mia atletica penosa. Oltre alle gambe inchiodate, oltre a una condizione atletica ridicola, si è aggiunta la noia e la delusione man mano che passavano le ore.
Insomma a me qua non vedono più.
Ed anche in Alto Adige, in Trentino non so se mi vedranno ancora. Bei posti, percorsi penosi.

Rimane la speranza della Transalp, fra un mese. E soprattutto la speranza che qualcosa cambi nel mio corpo altrimenti sarà un calvario.

BikerFor Ever







mercoledì 3 giugno 2015

IL LIVELLO

Ritorno nei ranghi canonici dell'agonismo piemontese domenica scorsa.

Ecco la frase fatta per iniziare un bell'articolo sulla gara di Bistagno.

Difficile sognare, emozionarsi, scrivere fiumi di parole. Ne ho fatte troppe di queste gare, per sorprendermi ancora.
Ma...c'è un ma. Se prima si correva su un 40 km e un 1200+, adesso tutti vogliamo organizzare la gara dura, e così corriamo 50 km per almeno 1600+.
Solo che il ritmo è sempre lo stesso, quello di un XC da un'ora. Ma qui con la bava alla bocca ci devi stare ben oltre due ore e mezza al mio modestissimo livello, se non tre, e il lunedì mattina sei un cadavere che cammina, risorto malamente, per casa.

Van tutti forte, il livello è alto, e non è vero che sono io che invecchio. Il passo c'è, la media c'è, solo che son tutti belli, lucidi, preparati, esperti. E io remo lì attorno al 150esimo, quando due anni fa a questo ritmo entravo nei 100,
Cambia qualcosa? No.

Rimane il divertimento della lotta con gli amici, Giorgio e Costa su tutti, e se anche domenica l'ho persa non devono dormire sonni tranquilli: basta una distrazione di un attimo e mordo le chiappe.

Ora archivio la prima parte di stagione. Inizia la sezione estiva, Finiscono le bave, le ripetute, gli scatti, iniziano i massacri, le grandi montagne, le gare senza fine in quota, le salite che non finiscono mai.
Inizia il mio momento, quello che ci vuole coraggio per esserci, non ne vedevo sinceramente l'ora.


BikerForEver