venerdì 31 maggio 2019

QUELLO CHE TI SALE DENTRO

Ho finito da poco l'ennesima granfondo. Questa Pedalanga dove c'erano colpevolmente quattro biker in croce era proprio bella. Arrivato che pioveva, poi alla fine ho preso 4 gocce ed il terreno ha pure tenuto alla grande. Discese tecniche, tanta salita, bei posti, pacco gara per tutti di livello, mi chiedo dove vadano gli altri a buttare via i loro soldi.

Ele che non ha corso perchè non era giornata per lei, mi ha seguito e fatto tra l'altro una foto bella, molto bella. La metto istintivamente su Instagram e scrivo senza star lì a pensare "Fare dell'ostinazione una scelta di vita. Sempre dietro, sempre a cercare di recuperare senza mai riuscirci". Ho dato tutto, e mentre mangio in una bella vineria nelle Langhe dei tajarin con salsiccia, sono contento di essere partito anche questa volta. Non ho paura, del fango, del meteo, della fatica, corro e mi piace, annaspo e bestemmio eppure mi sento vivo.
Eravamo in 10 in manco trenta secondi, e io ho fatto decimo del gruppetto quando a poco dalla fine ero il primo. Mi sono arrabbiato, il solito crampo è arrivato lì a 50 metri dal traguardo, ho finito settimo di categoria quando potevo essere quinto. Cosa cambiava?
Un emerito cazzo.



Poi oggi dopo cinque giorni salgo a Cogne, il cielo è terso, blu cobalto, i prati verdissimi sono in fiore, la pietra e le rocce sono belle e lucide. la neve è ancora tutto sommato bassa e il Granpa è di un bianco che abbaglia, e a me sale l'emozione. Mentre cammino in paese verso i prati, nascondo alla mia figlia minore quello che provo. Mi sento anche un pò idiota a commuovermi davanti alla bellezza, ma non posso farne a meno.

E mi viene voglia di montagna, e mi viene voglia di salire, di sentire l'affanno, di Invernieux, di colli e passi bici in spalla, del sapore della mocetta a 3000 metri, dell'odore della mia pelle sudata la sopra, dell'accecante luce del giorno, dell'infinito silenzio delle notti, dell'aria fredda del mattino, ho voglia di Hoka nei piedi e zainetto in spalla, di bastoni alle mani.
Della mia vita, di Ele la sopra con me.

E mi sento terribilmente bene, incredibilmente fortunato.




BikerForEver

giovedì 16 maggio 2019

LA RESA

Guardo con la coda dell'occhio il Garmin. Segna 52,67 chilometri. Ho le gambe che tremano, non riesco a muovermi messo a novanta gradi con le braccia a sorreggermi tenendo l'orizzontale della bici. Mi viene da gridare e da piangere.
Crampi, maledetti crampi, ma di una forza inusuale, non so se ne ho mai avuti di così devastanti.

Ero partito dalle ultime posizioni della ultima griglia di questa mia prima Capoliveri Legend, forte del mio pettorale 1524, davanti un'orda di biker capaci e incapaci, magri e grassi, alti e bassi, con bici fichissime e ferri vecchi. Sebbene fosse qualche giorno che mi sentivo stanco, e un herpes sul labbro la diceva lunga, ero partito senza esagerare ma bene, e per 45 chilometri avevo superato così tanta gente che attorno avevo numeri inferiori al 500, partiti almeno 10 minuti prima di me. Un numero infinito di scatti, per passare questi biker che sembrano gli autisti della domenica in autostrada, vanno a 100 all'ora, li passi e accelerano come a dire "che vuoi? Io sono un figo, come ti permetti?".

Avevo adottato una tattica già usata nelle marathon, supero come un indemoniato in salita e sto lì in discesa, zero rischi e zero liti. Nel 2015 alla MB Race avevo fatto un capolavoro con la tecnica contraria (stai li in salita, supera tutti in discesa), ma era un altro mondo e un altro percorso.
Poi al chilometro 45 di colpo, senza sentirmi particolarmente stanco, anzi ancora bello tonico, il primo crampo. Da lì per 7 altri maledetti chilometri avevo cercato di gestirli, pedalando in piedi, scendendo il ritmo drasticamente, facendo i soliti esercizi di respirazione yoga che da sempre mi aiutano in queste crisi. Ma ora mi ero dovuto fermare, io che ho sempre saputo non scendere nonostante i crampi, perchè sono oltre ogni umana sopportazione.

"Stai bene? Hai bisogno di aiuto". Me lo chiede uno, poi due, poi dieci, poi cinquanta biker che mi passano mentre trattengo le urla, sono incazzato nero e spalmo ovunque sonori "vaffanculo". Cazzo vai la metà di me e devo vederti passare, ma hai idea di quanto mi girano?

Riesco a tirare su la schiena, e mi metto rigido e goffo a camminare. Dai che passano Fabri, e invece nulla, appena provo a salire in bici urlo. Continuo a camminare, in salita e anche in piano, arriva un single track e in qualche modo salgo e la faccio andare, ma sta gente non sa andare in bici e si scende a passo d'uomo.

Basta mi ritiro. Sono stufo di queste cotte, ne ho le palle piene di aver così male. Ho compiuto ieri 53 anni, ne ho passati 26 a correre in mtb, ma che cazzo sto ancora a fare delle sofferenze simili. Giuro a me stesso che non farò mai più una marathon, cross country o gare massimo da 3 ore da ora in poi, non hai più l'età e hai altre priorità adesso che sta bici di merda.
Mentre continuo a camminare cercando un punto dove vedere l'asfalto e tornare a Capoliveri, mi viene in mente che non ho vinto quasi mai nulla (quasi, e  sono molto orgoglioso del mio quasi), che sono sempre stato uno che non va un cazzo, che mi sento grasso e anche goffo sulla bici (Elema ogni tanto mi dice che "titubo"), ma almeno non mi sono mai dico mai ritirato da una gara, tranne quella volta alla Maxei con un femore a pezzi. Negli anni 90 ho rotto un polso e ho finito lo stesso, due anni fa sullo Chaberton all'Iron non ho mollato e ho portato a casa la pelle nonostante fossi caduto e fossi devastato. Insomma il vecchio Fabri non si ritira, meglio l'umiliazione dell'ultimo posto che buttare nel cesso l'orgoglio e tornarmene a casa.

Mentre ragiono queste cose, riesco a risalire sulla Niner e pedalo per una decina di chilometri, se sto sotto 120 battiti, ovvero vado pianissimo, sembra che la questione regga. Poi dopo il 70esimo tornano i crampi, scendo un pò a piedi nelle salite e qualche pezzo lo pedalo, mi guardo attorno e odio qualsiasi biker inadeguato che vedo, ma piano piano, in una posizione merdesima oltre ogni attesa, arrivo al traguardo. Il Garmin dice qualcosa oltre 78 chilometri per 3005 di dislivello, manco tanto penso.
Guardo Elema, che intelligentemente ha corso il Classic da 50 per 1700+, mentre un bambino che odio senza motivo mi mette la medaglia finisher al collo, che tolgo subito e metto in tasca inorridito, e parlo ad Ele trattandola malissimo, nervoso come una suocera inacidita.
Anche se non riesco a smettere, trovo insopportabile il mio pessimo umore. E oggi che scrivo mi spiace proprio di questa cosa, avrei meritato un bel calcio nel culo.

Non so perchè sia successo tutto questo dopo aver fatto la Bramaterra benissimo. Ho sentito e ho pensato mille spiegazioni, ma ormai è cosa fatta. Sono ancora stufo delle marathon e non so come farò ad uscire vivo dall'Appenninica fra due mesi e mezzo, e penso al mio compare di team Ricky e a cosa lo aspetta per sopportarmi. Non so nemmeno se sarò essere coerente e quindi non parteciperò più ad una marathon. Non so se sbaglio ad allenarmi, a mangiare, ad integrarmi, nulla.
So solo che Ele è sempre al mio fianco nonostante tutto e che almeno le palle di trascinarmi al traguardo le ho avute ancora una volta. Il resto è noia.


BikerForEver





giovedì 2 maggio 2019

CERTE GIORNATE

Lunedì, sono un pò stanco e ho sonno. In cinque giorni ho fatto tre uscite con la gravel, corso un cross country lungo, corso la granfondo del Bramaterra sulle Riverosse e pure fatto nel dopo gara un giro di quasi altre due ore per portare a vedere Cicloandrea la discesa del Gallo, da su in cima sopra San Bononio.

Vedo un messaggio su whatsapp, è Luigi che mi scrive: "Ciao. Ma dimmi ora che non sei soddisfatto della tua prestazione....per me tra le "best performance" della tua agenda. A saperlo avresti anche accennato un sorriso al photo ponit. Bravo. (omissis)".

Rifletto.

Non sto passando un periodo di forma importante, giovedì avevo corso un cross country bello, tecnico e duro, quindi adattissimo a me, e me ne ero tornato a casa preoccupato per la mia poca forza. Poi la sera è arrivato Cicloandrea con la sua famiglia, sono stati qui da noi quattro giorni, sono stato bene, risa e relax, bici senza fretta, e domenica a Brusnengo ero felice, pieno, salutavo ogni momento amici che non vedevo da un pò, insomma stavo molto bene.
Io ed Andrea siamo stati insieme per un'oretta senza esagerare, poi mi ha detto di andare che voleva prendersela con più calma e ho spinto  un paio di ore senza mai un calo, superando biker fino al traguardo, in continuo, recuperando tantissime posizioni, ma soprattutto divertendomi e rimanendo assolutamente concentrato.

Cosa può essere cambiato da giovedì a domenica, ovvero solo tre giorni dopo? Non lo so, o forse lo so, insomma posso supporre senza essere sicuro.
Può essere che pedalare cinque giorni di fila mi faccia stare bene, avendo da tanti anni preparato le corse a tappe.
Può essere che la prima ora senza esagerare con Andrea mi abbia scaldato nel modo perfetto per poi spingere a lungo a tutta senza cali.
Può essere che avere un amico accanto, che il clima che si è creato tra noi e loro, abbia finalmente rilassato la mia mente e permesso di non avere costrizioni nella mia testa.
Può essere che essere sulle Rive mi abbia dato morale e voglia.
Può essere tutto insieme e anche altro, ma di certo sono stato davvero bene.

In gara non rido, direi che spesso manco sorrido, perchè amo stare concentrato e pensare a quello che sto facendo. La mia serietà nelle foto è solo indice di impegno.
Ma poi alla fine, difficile dire che non si notasse che ero appagato, e sorridente....


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