mercoledì 10 febbraio 2021

L' ARTE DEL RIPETERE



Ho appena scollinato lo strappone che immette nella Valnontey. Nonostante sia alquanto affaticato oggi, ne ho superati due. Un tipo e una ragazza giovane con il 94. Mi infilo in fretta nelle corsie e mi metto a uovo per la breve e veloce discesa, e prendo fiato. Lascio scorrere più che posso gli sci ed inizio a spingere nei binari.

Passo il ponte del paese e inizio i 3 chilometri di falsopiano che portano a Valmiana, dove poi si gira sull'altro lato della valle e si inizia la lunga discesa verso Cogne. Le nuvole sono basse, è assurdamente umido per questo posto dall'aria sempre secca e fredda, ma tanto conosco questa valle a memoria, potrei salutare ogni albero che incontro. E' un luogo magico in qualsiasi stagione, ma nell'inverno è una pista per il passo classico dello sci di fondo assolutamente magica, con le sue pendenze dolci che ti permettono di spingere con costanza nei binari sempre presenti, e di cercare di sciare bene.

Il passo classico è un gesto complesso, a continua ripetizione. Mi concentro, so che devo concentrami molto per trovare la scorrevolezza che voglio. Ho sbagliato sci stamattina, non mi sono fidato di quelli da gara preparati con le klister dal buon Ezio e ho ripiegato su questi Fischer scagliati di vecchia data, che davvero non ne vogliono sapere di andare avanti oggi, nonostante la paraffina fluorata messa su punta e coda. Però non mi rassegno, osservo la ragazza con il 94 che mi ripassa e tento invano di tenere il suo ritmo. Scorre almeno il doppio, dannazione. Smetto di guardarla e mi concentro su me stesso, e come sempre in questa meravigliosa disciplina perdo totalmente il contatto con la realtà, iniziando a ripetere e ripetere e ripetere lo stesso gesto, nella speranza di aumentare la velocità. Le braccia alternano le gambe come nella corsa, cerco con il piede avanti di trovare la presa di tenuta sotto lo sci e spingere, lascio andare la gamba indietro morbida e che si alza da terra, mentre le braccia puntano i bastoni innanzi al corpo per poi una alla volta anch'esse lasciarsi andare all'indietro, morbide. La schiena si inarca, le anche fanno una piccola rotazione a cercare la maggior spinta, e mi sento come sempre volare. A ogni ripetizione, ogni pochissimi secondi, di tutti questi movimenti, sento dentro di me la serenità scendere lieve a coprire tutto e tutti. Come fosse neve.

Gli sci non scorrono come dovrebbero, sono lento e al giro di boa su a Valmiana diventerò ancora più lento nella lunghissima discesa tutta da spingere che porta all'ultima durissima parte che risale prima a Silvenoire e poi porta su in Valley, oltre il famoso pietrone. Eppure il ripetere continuamente questi gesti ritmici mi rende assolutamente felice.

Non so quante volte ho fatto la Marcia Granparadiso su a Cogne. Forse la prima volta era il 93 o 94, ero decisamente sovrappeso, avevo un folto pizzo ed ero avvolto in una buffa tutina di lycra viola e rosa ed arrivai distrutto in preda ai crampi. L'unica cosa che so per certo è che dal 2007 ho partecipato dieci volte, più tutte le tre del venerdì a skating in questi anni organizzate. Una ripetizione continua senza alcuna pretesa prestazionale, in un gesto, quello del fondo a classico (ma anche a skating), che mi vede davvero impacciato, lento e alquanto inadeguato.

Eppure questa continua ripetizione della sfida, e del gesto infinito nei quasi 40 chilometri per la valli di Cogne, è un sottile piacere che spero di non smettere di assaporare troppo presto.

Grazie di cuore a Elema per le foto, meglio di qualsiasi servizio.


BikerForEver














martedì 2 febbraio 2021

LEGGERE E SCRIVERE


 Non ho voglia di scrivere. Dopo molto tempo, non saprei dire quanto, non ho alcuna voglia di sedermi e di mettermi a scrivere. Ho sempre avuto l'esigenza emotiva di comunicare a me stesso, a chi ha voglia di perdere dieci minuti, a qualcuno di non ben definito, quello che penso. Spesso inutile, sempre di parte, quasi mai positivo, o divertente, o piacevole. Eppure emotivamente necessario.

Non so se sia la stanchezza, la delusione per la svolta che il mondo si è dato, per la netta sensazione di impotenza che mi pervade ogni qual volta accedo ad una qualsiasi notizia. Inerme, triste, spaesato, arrabbiato, con emicranie sempre più frequenti, mi chiedo per quale motivo schiacciare i tasti di questa vecchia tastiera del mio pc portatile.

Eppure ho appena corso la mia prima gara di questo nuovo anno, nonostante "l'emergenza", nonostante "i protocolli", nonostante "i lockdown, le zone gialle e rosse, i controlli, le autocertificazioni" e tutte le altre stronzate che questo mondo di autentici pazzi e sfigati si è inventato. Una gara di una disciplina non mia, e che ho fatto per la mia sola seconda volta, nonostante sia ormai nelle mie 55 primavere.

Ho corso a Cogne, come l'anno passato, il winter triathlon, dove prima corri a piedi, poi con la mountain bike e poi con gli sci di fondo stando sempre sulla neve, sempre fuori soglia, sempre vedendo gente troppo più brava e capace di te, sempre al freddo. Se la prima volta erano stati i campionati italiani assoluti, domenica erano i campionati italiani a squadre. Poco conta, poco cambia. O nulla.

Ho come sempre dormito abbastanza bene la notte prima, male quella dopo. Ho avuto le mie solite diarree isteriche per l'ansia, potrei correre mille anni senza cambiare mai. Ho fatto la solita colazione di sempre, mi sono vestito senza alcun dubbio, sono andato con Elema giù nei prati di Sant'Orso come tante altre volte, ho posato le cose, ho cercato di scaldarmi contro voglia, mi sono messo in fondo per partire tra gli ultimi sentendomi inadeguato come ogni volta, mi sono sentito troppo datato per queste cose.

Dopo meno di dieci secondi dal via, mentre correvo a piedi, cosa che faccio davvero malissimo e lentamente, ho avuto la netta sensazione di non potercela fare, già in affanno e stanco. Ma come sempre piano piano ho poi continuato, cercando anche di non demordere, per poi pedalare, per poi sciare, per poi finire e correre a prendere la videocamera per fare un piccolo film a lei che stava per arrivare poco dopo di me.

Dovrei essere qua a scrivere del mio quarto posto di categoria, tra un gruppetto di dieci datati personaggi, di una prestazione inaspettata e ben oltre le aspettative. Ma non ne ho voglia, e l'unica cosa che ricordo è che avrei preferito essere terzo. Ma che ho anche pensato che la medaglia di legno per me che uso la motosega quasi tutti i giorni era alquanto azzeccata.

Avrei voluto qualche foto bella e clamorosa di pieno gesto atletico. Ma forse è meglio così, quel goffo individuo con il numero 79 che cerca di correre in fondo sono io. E sarà bene che me lo faccia piacere.

Non ho voglia di scrivere, eppure alla fine mi sono messo a farlo. Male come non mai. Spero mi torni. Dubito qualcuno abbia ancora voglia di leggere. Ma la insopprimibile vanagloria me lo fa sperare ancora. Mi sono messo a gareggiare di nuovo, spero la voglia non mi passi, per quanto male possa farlo.


BikerForEver