sabato 23 dicembre 2017

GRAVEL ROADS

Siamo agitati ed eccitati, e non siamo capaci a nasconderlo. Io e Loca, insieme agli altri dei team Bike&More abbiamo appena preso i numeri e i pacchi gara della nostra prima Transalp. Ok che abbiamo già corso due Rally di Sardegna, ma questa è la corsa a tappe per antomasia. E carichi come non mai andiamo a sentire il nostro primo briefing.

Uli parla in tedesco e poi in inglese. Davanti abbiamo la cartina di tutte le otto tappe che dovremo fare, e le sezioni hanno colori diversi. Per la prima volta sento parlare di gravel road, e chiedo a Marco "secondo te cosa è?". Lui mi guarda un pò deluso e mi dice "strade sterrate, stradoni gippabili insomma"



Era il 2011. Da allora ho sempre saputo che il termine "Gravel" vuole dire sterrato.

Quando nel 2015 ho comprato la mia prima ciclocross, la Niner DSB, non ho mai pensato alla parola gravel. Avevo in testa il CX e ho corso quell'autunno con Elema per la prima volta nei prati in mezzo alle fettucce a girare come un criceto. L'entusiasmo non è salito.
Siccome ero senza bici da corsa e trovando la mia Niner bellissima anche su strada, ho preso due ruote da strada del Pellegatta e ho cominciato ad usarla sul bitume.




Era il 2016 e in autunno come sempre sono andato alla Roc. Quando avevo detto ad Elema che facevano una Roc Gravel, e che si trattava di correre su quei sentieri con la bici da cross non era stata nella pelle, e l'avevo subito iscritta.
Sto salendo il Col de Bugnon e sono stanco, quando arrivo qui nella Roc Marathon sono sempre alle cozze, e se penso a come salgono i pro mi viene sempre da girare la mountain e andarmene a casa. Sento una voce inconfondibile "Ovooooo". Mi volto ed è lei, che pedala come una matta per prendermi prima di scollinare sto maledetto muro. Il destino ci ha fatto trovare proprio sul simbolo della Roc mentre stiamo correndo due gare diverse. La guardo sulla sua piccola Scott con i cantilever e la trovo fantastica mentre vola a vincere l'assoluta della gara che tanto voleva.


Da lì iniziamo ad alternare i giri invernali in mountain con quelli con la CX. Perchè come dice lei a Pecetto o in Monferrato andare con la MTB è uno spreco, basta e avanza la bici da cross. Ma adesso facevo Gravel, perchè lo avevo imparato in Francia. Andare per sterrati e sentieri con la bici da CX si chiama fare Gravel. Ovvero se parlassimo come mangiamo fare sterrato, sottintendendo con una bici che sembra fatta per la strada asfaltata.
Perchè è così semplice a capire, la cross deriva dalla strada, è tanto simile che la mia Niner la confondono tutti per una bici da corsa, mentre la MTB che sia per qualsiasi declinazione della disciplina è diversa. Basta invertire i manubri per vedere come sembrano assurde appena provi a metterle un vestito che non è il loro.



Così quest'anno la cosa ha cominciato a piacermi. Dopo che Elema ha corso una prova del Gravel Road Series andando anche bene, ho pensato di fare con lei la Monsterrato e poi la Roc Gravel. Sono uscito dalla Francia entusiasta, non solo per la prestazione agonistica, ma proprio per il divertimento. Portare la mia Niner sugli sterrati ha cominciato a divertirmi davvero, ho preso a scendere anche i single track passando dove mai avrei creduto di passare con quella che per me resta una bici da strada. Non ho perso la voglia di mountain, quella non mi passerà mai, ma ho trovato qualcosa da alternare che mi diverte, mentre la strada la butto giù ogni volta come se fosse una medicina.




Gravel faccio gravel. E giù a parlare con gli amici, dai prenditi una CX e andiamo, vedrai che figata. Poi scopro che siamo in Italia, e non negli States o nell'amata Francia, e qua gravel viene confuso con cicloturismo. Anche se dicono bikepacking, perchè fa figo, ma per me si legge cicloturismo. Che è anche bello, ma è un'altra cosa.

La sensazione di fare un single track a tutta con le mani basse sul manubrio, di scendere uno stradone pieno di pietre con i copertoncini da soli 33", le braccia che urlano per la forcella rigida, la sensazione di velocità sconosciuta alla MTB nel correre per i boschi, questo a me piace. E anche se non so cosa faccio, continuo a farlo con Elema.

Non corro nel CX, non faccio bikepacking, non so se vado gravel. Di fatto mi diverto e aspetto la prossima Roc Gravel con lo speaker che urla "Voilà, le phénoméne Gravél".


BikerForEver


venerdì 1 dicembre 2017

PEDAL DAMN IT!

Sto salendo sul sentiero pietroso sotto la Madonna degli Angeli, e fa già freddo. Sono con Andre, amico giovane quanto caro. Sto pedalando questa strana bici, un Niner Sir, in acciaio colorata marrone, inimitabile, che Manuel mi ha dato in test,
Sto pedalando in salita con una 29 pollici, e non sto nella pelle. Continuo a dire ad Andrea "passa su tutto, sembra tutto facilissimo". Non in discesa dove si diceva potessero essere dei vantaggi, ma in salita dove le argute teorie a 26 pollici la narravano pesante e improponibile.

Tornato a casa, vado in negozio da Manuel e non ho dubbi "Per Natale 2010 mi compro una Niner". Manuel ride, e mi mette giù un preventivo per la mia prima ventinove.
Quando arriva la mette sul trespolo e la guardiamo a lungo, abbiamo quasi paura a montarla. Bianca e nera, la mia Air9 Carbon, qualcosa di veramente diverso da tutti.



Sono passati sette anni, fra poco saranno otto. Sembra di parlare di preistoria. Quella bici con le ruote enormi che in griglia mi chiedevano tutti cosa fosse, oggi è la norma generale. Vedo una 26 pollici e mi sembra orribile.
Il negozietto in centro, il Bike Shop, non esiste più. Manuel ormai corre a piedi per montagne, anche se rimane l'amicizia di un tempo. Andrea non sale più in bici da anni.
Ma io continuo a pedalare le Niner. Ho preso una pausa, e sinceramente anche se mi è servita per capire, ho solo perso tempo.
Perchè ogni biker vero, quelli che vivono solo per girare per single track e non parlano d'altro, hanno una bici del cuore, quella che non può mai lasciarli indifferenti. E non sono i grandi marchi, quelli delle riviste e dei Pro, ma sono quelle piccole cose di nicchia che ti fanno sentire a casa: Santa Cruz, Yeti, o se non hai il gusto dell'esoterico che so FRM. Che se scrivi nel 2010 in USA a Niner per sapere quando importeranno il loro primo telaio in carbonio, ti risponde direttamente Chris Sugai e non una impiegata qualsiasi.

Quando ho detto a Elema che Chris ha venduto l'azienda, la "mia" azienda, per avere i finanziamenti necessari ad entrare nel mondo elettrico, lei ha scritto una sola cosa:

Che amarezza

E lo ha scritto più volte ieri sera, andando a dormire come se fosse caduto il mondo. Non voglio scrivere l'ennesimo trattato di considerazioni che mi vede, ci vede, assolutamente contrari alla ebike, è inutile, il progresso va dove i soldi pagano. Ma finchè vedo una Scott o una Specy, commercialmente capisco, se penso a una Niner sto male.

Su ogni Niner, dalla prima che è uscita da questa casa che ha segnato come nessun'altra la storia della MTB moderna, c'è scritto Pedal Damn It! ed è un simbolo di chi la pensa come me. Pedala dannazione, perchè devi trovare le forze anche questa volta di arrivare in cima prima di buttarti e urlare di gioia in discesa. Pedala dannazione.

Ho pensato tutta notte a questa cosa, quando avrei problemi ben più importanti da risolvere. Eppure non potevo non pensare continuamente Pedal Damn It! e cosa è dentro di me.
Alla fine ho scelto, perchè si deve sempre scegliere subito e in fretta. Io rimango e rimarrò con Niner, perchè il mio femore ha lasciato il segno su quel telaio bianco e nero che ancora circola. E che sia amarezza per dover andare dietro al mercato dei fannulloni di questo millennio, ma per trovare i soldi che non fermino Sugai da continuare a fare le Niner, quelle da pedalare dannazione.

Perchè solo chi ha girato con una Niner lo sa e può capire, gli altri che stiano muti.


BikerForEver