mercoledì 14 ottobre 2020

DELLA PAURA E DELLA MORTE

Lo diceva spesso, mio padre. Lui era un uomo per bene, il Ragionier Bocca, una posizione rispettabile, quando eravamo insieme le persone, in banca, dal commercialista, in giro, Buongiorno Ragioniere, Buonasera Ragioniere.

Portava in settimana sempre giacca e cravatta, spezzato, il loden in inverno. Nel weekend un giubbotto di renna, una camicia a quadri o una polo, sempre elegante, mai la barba sfatta, i capelli biondi pettinati all'indietro con piccole onde, mai fuori ordine. Gli occhi chiari, tra il grigio e l'azzurro, tradivano raramente l'emozione. Convinto liberale, risparmiatore e cassettista in Borsa, ordinato, molto severo, la massima concessione all'affetto la ricerca della mano di mia madre, raramente la mia, nella malattia peggiore. 

Quando andavo a trovarlo e poi me ne andavo, da adulto mi salutava dicendomi arrivederci. A tavola non diceva una parola, mai, e di norma parlava poco, veramente molto poco.

Amava la montagna profondamente, il buon cibo accompagnato da vino costoso, la sera negli anni prima di andare in pensione, a volte fumava la pipa con tabacchi ricercati. 

Me lo diceva spesso, dopo i quarant'anni. Fabi, così mi chiamava, non voglio diventare vecchio. Oh no, proprio non voglio. Se c'è una cosa che mi fa paura è essere vecchio ed infermo, mettere il pannolone, che schifo, no, non voglio invecchiare.

Andò in pensione e poco dopo si ammalò di cancro, dieci anni di operazioni, mutilazioni, sofferenza, alla fine una stomia oltre al volto devastato da una cicatrice che non posso descrivere, eppure continuava a non invecchiare. Gli stessi abiti, la montagna a piedi ancora, l'auto guidata forte e veloce come sempre, lui che per venti anni era stato pilota di rally. E' morto in 24 ore, dopo ancora avermi dato un passaggio a Novara la mattina, per un infarto intestinale che se lo è portato via a 75 anni.

Non è diventato vecchio, è restato qui fin che ha avuto una vita vera come doveva essere per lui. Quando a 65 gli dissero che aveva un cancro con poche speranze ebbe paura, molta paura. Ma non smise di vivere un attimo, affrontò mesi di massacri ospedalieri senza mollare, anche se l'ho visto piangere molte volte. Oggi, che sono passati otto anni, pensandoci posso dire che era un uomo che aveva coraggio. Sì, ecco, penso sia stato un uomo con molto coraggio, che mai prescinde dalla paura.

Io, che sono il suo unico figlio, e direi l'unico della stirpe ancora in vita, figli a parte, come lui non voglio diventare vecchio. Non mi interessa vivere al di fuori delle mie cose, anche se in molta parte così diverse dalle sue, la penso esattamente come lui. E anche se ho le mie paure, le mie giuste paure, credo, anzi no, spero, di aver ereditato da lui la cosa più preziosa, il coraggio. Che, mai stancarsi di ripeterlo, che il mondo è pieno di stolti, mai prescinde dalla paura.

Sono stato in Africa molte volte, ho mangiato e bevuto e dormito in posti senza alcuna igiene, ma che mi riempivano il cuore. C'erano la malaria, la febbre gialla, il tifo e altro.

Sono stato in Centro America e ho dormito e mangiato e bevuto ovunque. Ho preso una febbre di origine tifica, sono stato decisamente male, appena passata ho ripreso a fare le stesse cose.

Da ragazzo al mare lavavo la frutta in mare. Mai pensato di poter stare male. Ho pisciato in cessi luridi in molte parti del mondo.

Vado in montagna da sempre, mi alleno da sempre per sfidare la mia tremenda paura del vuoto. So che non arriverò mai dove vorrei, ma persevero nel migliorare ogni giorno. Mangio seduto in terra, con le mani sporche, sudato, senza essermi mai preoccupato.

Ho avuto giorni duri, molto duri, in ospedale, e ho avuto paura, molta paura. Non ho mai smesso un attimo di lottare per tornare come ero, e ora che lo sono ne vado anche vagamente orgoglioso.

Vivo in campagna, lavoro la terra e pulisco ogni giorno la merda dal pollaio e non solo, curo i miei animali, li abbraccio, li sfamo, senza aver alcuna paura di potermi ammalare.

In inverno faccio da quando ho sei, dico sei anni, sport al freddo. Mi sono ammalato, sono stato male, ma non ho ancora smesso di farlo. Se avrò le forze, andrò ancora avanti assai.

Ho curato mia madre fino all'ultimo, passando non so più quanto tempo in qualsiasi reparto di ospedale, da malattie infettive a cardiologia. Non ho mai avuto paura di ammalarmi, avevo lei a cui pensare.

Condivido la mia vita e le mie cose con Elema, e mai ho frenato le nostre passioni pensando alle paure. Uso la ragione, la sola mera ragione, per sapere, e capire, cosa posso fare e cosa non posso fare, cercando di allargare la sfera del fare ogni volta un pochino di più.

Sono libero, no meglio urlarlo, L I B E R O, e tengo alla mia libertà più della mia stessa vita. Non baratterei la mia libertà con nulla, e lotto per questa in Tribunale da anni. Perchè senza libertà non mi interessa vivere. E ho scritto davanti ai miei occhi, per leggerlo ogni giorno, che la libertà è una forma di disciplina, come chi più colto di me ha a suo tempo scritto. Perchè ho fatto della disciplina una ragione di vita, che mi permette di saper badare a me stesso, come essere vivente e libero.

Anche se amo stare con Elema, ho imparato a stare da solo, a sentire me stesso e a organizzare le mie paure. Perchè so che saper stare da solo è parte della mia libertà, anche se sto sempre con lei.

Sono un rompicoglioni, sono noioso, parlo troppo, scrivo forse troppo. Rispetto le regole, ma mi arrangio quando devo farlo, come posso. Restando libero grazie alla mia disciplina non entro nella sfera personale degli altri, mi basta la natura, la montagna, la campagna. Non mi allineo.

Quindi non ho paura del Covid o di qualsiasi altra malattia, o meglio, non vendo la mia libertà, la mia vita, alla paura, ma anzi come sempre la gestisco con la ragione. Reputo una pagliacciata l'uso della mascherina, perchè tanto il virus passa lo stesso. Non uso i gel, non mi disinfetto, se mi va mi tocco gli occhi o il naso, continuo a fare le cose di sempre. Rispetto le regole perchè sono disciplinato, ma mi permetto di non essere d'accordo e di dire che è una pagliacciata. O meglio un affare pazzesco a livello mondiale. Ma voglio, esigo, pretendo la mia Libertà, perchè quella è sacra e non si tocca. E quando me la toccano divento cattivo e comincio a non essere più così ligio alle regole. Se prenderò il Covid mi curerò, come se avessi qualsiasi altro malanno, come sempre ho potuto prendere. Se dovrò morire avrò paura, come è giusto che sia, ma non venderò la mia libertà alla paura, come tutti questi conigli stanno facendo. Perchè per la libertà si può anche morire, e dignitosamente.

Infine, siccome me ne fotto dei virus e di quello che potrebbe capitarmi, mi mantengo il coraggio di dire che non ho alcun desiderio di diventare vecchio. Poi se dovrà capitare, avrò il coraggio di affrontare anche questa sventura. Quel coraggio che mi è mancato per 46 anni di dire a mio padre che aveva ragione, ma che oggi in attesa dei 55 mi va di dirlo e di scriverlo. 

Avevi ragione tu, quelle poche volte che parlavi.


BikerForEver