lunedì 9 novembre 2020

CA' DEGLI OVI



Mi giro nel letto nella ricerca dell'ultimo sonno mattutino. Vedo la luce che entra fioca in camera, cerco lei accanto con i piedi, nel desiderio di un pò di calore nel freddo dell'autunno inoltrato. Sento cantare i galli più volte. Suonano le campane della chiesa, conto i rintocchi per capire se siano le sette o le otto. Ho troppo sonno e non riesco a contare, vabbeh dai poi fra poco mi alzo.
Scendiamo sotto, mentre Elema prepara la colazione io esco, alzo il cappuccio della felpa nella nebbia del mattino per sentire un pò meno freddo, mi corrono incontro i gatti, apro un secchio e gli do nei loro due piatti un pò di croccantini.
Salgo su alla stalla e sento già gridare le oche. Entro nel pollaio togliendo il lucchetto che le protegge la notte dai predatori, e mentre continuano a gridare come forsennate arrivano le galline che mi salgono sui piedi. Prendo in braccio la più piccolina, Nina, sempre docile e calma, apro i secchi e inizio a mettere il mangime nelle mangiatoie con un barattolo, lei ha il diritto dell'ultima arrivata di assaggiare i semi direttamente dal barattolo, per prima. Versato il mangime tutte iniziano a mangiare disordinatamente, mentre i due galli cantano a inneggiare l'arrivo di un nuovo giorno. Esco dal pollaio mentre le più audaci mi seguono subito per andare a razzolare nel grande prato, ed osservo il mio spettacolo preferito per iniziare la giornata: le cinque oche urlando felici corrono a festeggiare la libertà ritrovata e volano a due metri da terra veloci. Avanti prima per tutta la lunghezza fin giù al cancello in fondo al piazzale, e poi tornano indietro fino alla rete che impedisce loro, senza la nostra presenza, di andare nel frutteto e al bosco, dove le volpi attendono invano.

Torno dentro, accendo pc e cellulare, guardo svogliatamente facebook e qualche altra cazzata, e mi porto in cucina a fare lentamente colazione, uguale ogni mattina non so più da quanti anni: una tazza di thè verde aromatizzato a qualche cosa, uno yogurt ricoperto di muesli, una fetta e mezza di pane tostato piena, ma proprio piena, di una delle marmellate che prepariamo tutto l'anno, e infine un biscotto, uno solo, inzuppato nel thè.

Faccio passare una mezz'ora qua seduto al pc mentre Ele guarda il suo dal divano, poi mi alzo sistemo ed esco, mentre lei da una pulita alla casa. Mi metto gli stivali e i guanti da lavoro, e vado su a pulire il pollaio e cambiare l'acqua e prendere le uova. Poi già che ci sono, siccome è autunno, prendo su pala e zappa e inizio a preparare la terra per le semine autunnali, le cipolle, l'aglio, le fave, i piselli. Poi ci sarà da sistemare le fragole, poi da concimare gli altri orti, da curare le piante da frutta perchè producano in abbondanza per le marmellate, e poi i mille lavori del freddo, dal sistemare le rive al rubare altra terra al bosco, a tirar giù piante per fare la legna che scalda le sere invernali. Ma ogni cosa al suo tempo, la fretta qua non esiste.
Rientro a casa, chiamo Ele e ci cambiamo per le due orette di bici da cross quotidiane su e giù per le colline del "nostro" Monferrato.
Al rientro le bici nella rastrelliera innanzi al gazebo del giardino, una doccia, un pranzo sempre molto simile (un primo mai abbondante, che so una zuppa, una pasta, una nostra verdura, due uova o un affettato), un attimo di relax davanti alla televisione e poi lei va a Valenza a lavorare. Io finisco i lavori al pc (sarei pur sempre un amministratore aziendale e poi altre cose), poi esco di nuovo, stivali e guanti e salgo a fare altri lavori di campagna. Mentre le pecore del vicino giocano a rincorrere le sue oche, e Ottoz o un altro gatto mi fanno compagnia, continuo a usare qualche strumento per gli infiniti lavori di manutenzione o preparazione o raccolto o altre cose che una casa di campagna ti da. 

Il sole comincia a calare, le galline sono già tutte nella stalla sui loro trespoli in attesa del buio, con un fischio chiamo le oche che subito corrono nel pollaio per la notte imminente, chiudo tutto a chiave, e pulisco giardino e scale esterne prima che arrivi qualche ospite del B&B. Entro. Accendo la grande stufa a legna circolare che riscalderà la sera, ed attendo Ele che torna dal lavoro facendo gli ultimi lavori online dal computer, o se non ho nulla da fare magari scrivo questo blog o un pezzo del nuovo libro.
Sento aprire la porta, "ciao ovetto", è arrivata, ora è tempo che si prepari la cena, lei comanda e io aiuto, un bicchiere di vino, un bicchierino di un liquore fatto da me, un pò di divano davanti alla televisione ed è già ora del sonno.

Ca' degli Ovi, il luogo lontano dal mondo che senza un attimo di indecisione, in un battito d'ali, io e lei abbiamo scelto per vivere solo tre anni fa (che sembrano lontanissimi ormai), non è un mera scelta, è un progetto. Il progetto di una vita lontano dal mondo, dalla gente, dedicata a produrci autonomamente più cibo possibile, per trasformarlo poi per le lunghe e buie giornate invernali, per riscaldarci come un tempo, per vivere senza orari e nel ritmo lento della natura. Ma anche per capire, metabolizzare, il valore del cibo di cui ci nutriamo e la fatica che c'è dietro ai frutti della terra e all'allevamento degli animali, questioni totalmente cancellate dalla facilità con cui oggi, a causa della grande distribuzione, ci si può procurare qualsiasi cosa.
Lavorare la terra ripida di questa collina è faticoso, trasformare tutto è faticoso, ma sinceramente se le forze ci sono, e finchè ci saranno, è la pace. Gli ospiti del bed and breakfast vengono, a volte si innamorano, altre volte camminano spaventati. E' la gente di città, quella che reputa oche e galline pericolose e sporche, e che confonde una cimice con uno scarafaggio. Sinceramente non ha molta importanza.

Ho ricevuto, abbiamo ricevuto, pesanti critiche per questo nostro progetto. Dal vai a lavorare al non si vive di sole galline. Di questi giudizi non me ne frega un cazzo. E non mi emoziono per chi invece loda questa scelta, non amo sbilanciarmi in nessun senso. E' la mia scelta, la nostra scelta, che ci ha portato coscientemente, consapevolmente lontano dalla gente e dal mondo, può fregarci qualcosa dei giudizi di quella stessa gente, che siano positivi o negativi? Dovremmo noi spiegare agli stolti che lavoriamo anche, sia Ele che io, ma in modo che questo progetto possa esistere ed, anche, accogliere gli ospiti che scelgono di venire da noi?
Molti lo so, anche perchè me lo dicono, non capiscono per quale motivo non vada a comprare al Supermercato quello che cerco faticosamente di produrre, ed Ele di trasformare. Non credo che serva una risposta.

Ci vuole coraggio per andarsene, per annullare aperitivi, serate, la calda sicurezza della gente intorno, della città che dovrebbe, al condizionale, proteggerti. Sì, lo so, faccio uso della vanità e della vanagloria quando dico che ci vuole coraggio. Eppure ne sono così certo. E lo sono ancora di più ogni mattina mentre guardo le nostre oche che ritrovano la libertà quotidiana volando e festeggiando il nuovo giorno. 


BikerForEver