mercoledì 20 luglio 2016

SENZA FINESTRA

"Rispettandoti potrei
Accettare come sei
Ma io non sono come te

Senza finestra

Fin da quando ero bambino
Fin da quando ero bambino
Fin da quando ero bambino"









BikerForEver



giovedì 7 luglio 2016

LA FORZA DELLA RUOTA E LA FORZA DELLA MENTE

Mi alzo e c'è cielo terso a Sestriere. Aria bella fresca e caldo alla luce del sole, non potevo sperare di meglio oggi.
Saluto Elena che si sveglia per la sua partenza che è più tardi, mi scaldo un pò e vado in griglia. Sono passati sei anni dall'ultima volta all'Assietta Marathon, tanti ricordi in tasca.
Partiamo e per un'ora scendiamo giù verso Pourrieres, con in mezzo tanti strappi che fanno male. In Val Troncea mi passa il Brunelli, mi sento un paracarro. Ma provo a pensare ad altro e continuo a tirare come posso.

Inizia la salita infinita, 18 km per 1800 metri, e mi metto del mio passo senza strafare. Mi passano parecchi, la Meli mi saluta e non provo nemmeno a seguirla ora. Fa molto caldo e voglio stare bene dopo i 50 chilometri,
L'asfalto finisce al colle delle Finestre, inizia la strada di prato e di pietre che sale su a cima Ciantiplagna, faccio il primo tornante e sento un "tac" forte e metallico. Faccio finta di niente ma sento rumore, mi fermo, e vedo che si è sfondato il cerchio. La ruota stortissima tocca contro il carro e rimane frenata. Non se ne parla, salgo in sella e riparto. Ma faccio una fatica bestia, la salita che va su a quasi 2700 metri di quota è già dura di suo, con la bici frenata è un calvario. Mi fermo decine di volte, con il piede prendo a calci il cerchio sperando di raddrizzarlo, ma nulla. Cammino parecchio, mi sento senza più forze, mi passano tutti, la testa crolla e decido di ritirarmi. Solo che faccio prima a proseguire che tornare indietro, per cui vado avanti piano piano.
Scollino e scendo lentamente, ho paura si rompa del tutto il cerchio e di farmi male, e non ho più voglia, morale, determinazione.



Arrivo ad incrociare la salita del colle dell'Assietta verso la sua parte finale, stan salendo quelli del giro classico, e vedo un paio di tornanti sotto Elena. Mi fermo e mi siedo ad aspettarla, dai almeno la saluto.
Arriva e mi metto al fianco, parliamo e le racconto la mia tristezza. Lei è terza e la seconda la vedo avanti di qualche minuto.
Dimentico tutto, e mi metto a tirarla. "Dai andiamo a prenderla Ele, dai che fai seconda". Ed inizio a menare come un deficiente con lei a ruota che continua a gridarmi "molla e non mi seminare!". Sto benissimo, sono pieno di forze, e facciamo i colli seguenti veramente forte, ma senza riuscire ad agganciarla. In cima al Genevris ci buttiamo nella discesa finale fortissimo e quando arrivo al bivio del Marathon, che è un attimo prima del traguardo del classico, le chiedo "ti spiace se faccio che farla tutta?" "Vai pure".
Così faccio gli ultimi 10 chilometri sul bellissimo sentiero "Bordin" a tutta, come se lottassi per chissà quale posizione. Continuo a risuperare biker fino agli ultimi 100 metri degli 85 chilometri di gara.
Passo il traguardo e arriva lei con il turbante in testa, ha appena finito la doccia. Sono sorridente, contento, anche se il tempo finale è ovviamente altissimo. Abbraccio le mie figlie, sono divertito e felice, anche se la bici vorrei buttarla nel primo cassonetto che trovo.

Penso che forse vale più questo 396esimo posto che tante gare chiuse nei primi 150.
Perchè ora so quale è la forza di una ruota rotta, e quale è la forza della mia mente.
Basterebbe avere voglia di usarla.


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