Ho scalato bene la prima salita e siamo scesi a Leogang con la gioia nel cuore, il bike park ha portato le urla di felicità e la voglia di tecnico, di pancia sulla sella e occhi sgranati, di adrenalina che scorre a fiumi mentre senti dentro la furia che sale. Mentre salgo nuovamente per oltre 1000 metri di dislivello arriva inaspettata la crisi: la schiena si blocca, le gambe perdono forza ed energia. E' il momento della sopportazione, ma anche della sorpresa, non me la aspettavo già al secondo giorno. Non impreco, non mi rassegno, calo il ritmo e attendo che arrivi la fine della fatica per tuffarmi in discesa come un folle senza più paure.
Sono salito per due ore consecutive tra montagne che tolgono il fiato. La strada di prato termina e inizia un sentiero di prati e poi rocce, la bici in spalla e la forza per fare alti gradini con le sole forze delle gambe. Quando dopo quasi tre ore e mezza finisce lo sforzo, finisce il portage, finiscono i nevai e le pietre e si apre la vista sull'infinito, so che mancano ancora 90 chilometri di mountain bike per arrivare a Sillian. Mi tuffo sereno, e continuo a pedalare con Andrea, maturi, consci dello sforzo che ci attende, senza mai temere la fatica che verrà.
Ho passato boschi e prati che conosco e che grondano di ricordi dei miei figli. L'Alta Pusteria per me è terra di casa, arrivare a Cortina da Dobbiaco è cosa ben nota. La salita all'Averau, un muro che sembra mai finire, ha visto la fatica arrivare sulla mia schiena, ma senza perdermi d'animo ho continuato portando in altri lidi i pensieri. La discesa inizia tagliando lo scarico di pietre della montagna come una lama, la paura si legge sui volti dei biker che prendo e passo mentre sento che sale la gioia. Appena trovo un prato mi volto e vedo gli occhi decisi di Andrea, mi rivolto e attacco felice. Ho davanti a me una picchiata in single track di 1500 metri di dislivello, sento che sale la gioia, i miei occhi che si sgranano con lo sguardo della fame, la fame di adrenalina.
La quinta tappa è terra che conosco. Qua con Loca corsi nel 2011, in una giornata che ricordo come se fosse ieri. Quando arrivo ad attaccare la salita prima del Lusia con 2000 metri di dislivello già nelle gambe so già che la crisi arriverà molto più avanti, sulla strada balorda e piena di ghiaia che sale alla Capanna Segantini, prima della picchiata su San Martino. Eppure sento le gambe piene, il cuore pieno, e sale voglia di prendere la maglia che ho davanti, e poi quella dopo, e ancora quella dopo, in un gioco che so essere folle ma che mi piace gestire, mentre l'animo si nutre della sottile soddisfazione, tipicamente ciclistica, del sorpasso.
Oggi è una giornata balorda. Nel primo single track tecnico Andrea ha bucato mentre io ci prendevo gusto, e poi la salita infinita verso il Cinque Croci ha visto di nuovo la mia schiena bloccarsi. Ora siamo bassi e fa un caldo infernale, l'ultima salita in asfalto sarebbe da aggredire di forza nelle sue dolci pendenze ma le energie sono finite e sento la crisi arrivare. Di colpo inizia lo sterrato tra prati e malghe e la strada comincia a vallonare. Capisco che fra poco sarà discesa e non so come e dove, ma trovo la forza per partire e riprendere chi durante la crisi mi aveva passato e gettarmi per primo nel sentiero che si tuffa a valle, in preda alla rabbia e lasciando andare i freni senza un errore, senza paura del fango o delle pietre viscide, lasciando che la mia BMC voli leggera.
Ultimo giorno, non ho paura di farmi male. La salita del Bondone ci ha devastato tutti, con le sue pendenze fino al 40%, interminabile e per molti senza alcun senso. Ho sentito la fatica salire dura, ma ora che sono qua sopra tra prati che sembrano dominare il mondo, sento che sale dalla pancia, sento che arriva e mi lascio andare per sentieri da panico, viscidi e pieni di pietre, che sembrano non finire mai. Le mani non fanno male, le spalle non fanno male, gli occhi non vedono altro che i metri innanzi la ruota, mi sento felice, mi sento pieno, mi sento biker.
Quando vediamo il cartello dei 500 metri alla fine della nostra Transalp ci rilassiamo, cerchiamo le nostre mani e andiamo pieni a tagliare il traguardo. Il cuore è sazio, sereno, colmo della consapevolezza di aver gestito una fatica immensa senza mai alcun dubbio che, in fondo, tutto si può fare.
Ho ogni istante di questa Transalp corsa con Andrea negli occhi e nel cuore, per sempre. Basta che mi sdrai adesso un momento nel letto e tutto torna, tutto risale. Gli occhi hanno impresso la mente, ora tutti quei momenti sono dentro di me e so che ci resteranno.
Non mi aspettavo un percorso così bello, completo, appagante. Che questa fosse una corsa, una vera corsa, già lo sapevo. Entri in griglia ogni mattina e devi avere il coltello tra i denti perchè nessuno ti regala un metro. Ma che poi fosse anche un vero percorso di mountain bike di alta montagna, tra scenari meravigliosi e sentieri da pura adrenalina, con in mezzo ogni tipo di strada che puoi immaginare, dall'asfalto delle statali a quello delle piste ciclabili, dai ghiaioni alle piste sottobosco, dagli argini dei torrenti ai prati, dai sentieri con la bici in spalla alle salite ripidissime lastricate di pietre, ecco questo non me lo aspettavo.
Quella macchina organizzativa perfetta che avevo trovato nel 2011, ma che proponeva percorsi troppo stradistici per esaltarmi, ha ora unito la scelta di strade da biker veri e puri, per un risultato veramente appagante.
Gli anni passano e tante corse a tappe più o meno di successo si affacciano in ogni angolo del mondo per chi ama la mountain bike. Ma la vecchia Transalp resiste immobile e ferma, sicura della sua fama e del suo successo. In fondo credevo, credo e continuerò a credere che nessuna persona che ama la montagna e la MTB possa un giorno esimersi dal venire qui a confrontarsi con la regina delle corse.
Sono stati oltre 19000 metri di dislivello, oltre 600 chilometri corsi in perfetto accordo con Andrea, sono stati le sveglie alle 6 e mezza e le colazioni, il borsone da consegnare e l'attesa della partenza sdraiati nel letto a cercare la pace, le cene e i lunghi sonni, le risa e le pacche sulle spalle con gli altri italiani, i nostri occhi lucidi alla fine e la consapevolezza di aver corso una Transalp al meglio della nostra possibilità di persone assolutamente normali, in grado di arrivare 35esimi Master e 141esimi nell'assoluta, su oltre 500 coppie alla partenza.
Ci saranno altre corse a tappe, ci saranno paesi lontani ed esotici ad attendermi, ma lo dico piano, che non si senta in giro, io partirei per una nuova Transalp domattina....
BikerForEver
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