Chino sulla sella, piegato in due, guardo il terreno delle mie Rive in questa magia naturale. La sabbia ha lasciato passare l'acqua che si è congelata dieci centimetri sotto, sputando cristalli di ghiaccio che escono dalla sabbia e scricchiolano sotto le gomme della Niner o l'incidere dei passi. Poi tutto è stato coperto da un lieve strato di neve presto divenuta ghiaccio per la temperatura rigidissima. Il Garmin segna -3.7 gradi.
Attorno tutto è bianco, ma non di quella soffice neve che conosco da sempre su in montagna mentre spingo gli sci da fondo. Questo è congelamento. Sembra la Tundra, che in vero ho visto solo nei film. E' un sogno, la bellezza del tutto mi alza il morale e alzo la schiena dolente.
Sono al terzo giorno di questo folle allenamento a passo Africa che ho voluto a ogni costo. Medio alto, ogni tanto alla soglia, mai oltre, mai meno, per abituarmi alla Cape Epic che fra meno di tre settimane dovrò correre con Ale. Qui al gelo, laggiù al caldo esagerato, condizioni estreme molto più simili di quanto si possa pensare. Entrambe innanzitutto disidratanti.
Sono alla 12sima ora e 4800 metri scalati in tre giorni. Nemmeno tanto se ci penso, anche se i soli 130 km la dicono lunga sulla durezza del percorso, qua sulle Rive sempre tanto tecnico. Ma cosa ha reso massacrante l'allenamento è il freddo, prima pioggia con due gradi e poi due giorni sempre sotto zero e soprattutto il terreno che tra fango, ghiaccio e neve rende le salite durissime e le discese molto complicate.
Risalgo in sella, saranno passati 40 secondi e mi rimetto a pedalare. A breve vedrò la chiesetta di San Bernardo e mi getterò nella discesa che odio, dove non si sta mai in piedi tante sono le pietre che rotolano sotto le ruote. Volevo andare ancora su a Colmo a prendere i drop, ma meglio mi porti alla macchina e non esageri. Il mio passo Africa l'ho trovato.
Nei giorni seguenti sarà ancora fango e neve, e altri giri con Elema, non più solo. Che mi accompagna paziente in questi giorni prima del volo per Cape Town.
Ma la solitudine e gli incontri dei rarissimi biker visti sulle Riverosse in questi giorni mi sono rimasti dentro. Certi silenzi ad ascoltare il mio respiro affannato, la discesa a tutta dei Morti in Brenta con le mani che tremavano dalla paura di cadere e non essere trovato che giorni dopo, le barrette congelate masticate a fatica fra i denti, lo spettacolo senza fine della Natura davanti ai miei occhi, l'orgoglio per il fisico che reggeva il gelo. Tutto questo è la mia felicità.
Non voglio consigli, suggerimenti, approvazioni, nulla. Siamo io e me, e bastiamo.
Ora sono pronto, la dodicesima avventura a tappe è pronta. Parto con il cuore leggero qualsiasi cosa accada in Africa.
BikerForEver
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