lunedì 2 luglio 2018

L'ITALIANO MEDIO

Entro a Sestriere che sono passate sei ore e mezza e oltre. Non mi rendo assolutamente conto se sia un buon tempo o meno, e sinceramente nemmeno mi pongo la domanda. Ho fatto più forte che potevo la folle discesa dal Fraiteve e il bellissimo sentiero Bordin, ho arrancato sulla ultima, inattesa salita e mi sono tuffato sul paese e il traguardo per staccare l'avversario degli ultimi chilometri.

Passo sotto il traguardo dei miei primi Campionati Italiani Marathon, corsi da novizio alla veneranda età di 52 anni, e ho il sorriso stampato in faccia. Cerco Elema, non la trovo, vedo Ely che mi dice che sta arrivando. Sono esausto, stremato, ma felice. Non ho avuto crampi, sono riuscito a correre quasi 100 km in quota con 3000 metri di dislivello, sotto un sole che ti distruggeva, come volevo. Qualche crisi ben gestita, soprattutto di sete per i troppo pochi ristori, tante battaglie vinte e perse per posizioni che a nessuno importa, Ele sul colle dell'Assietta che mi aspettava, mi passava la borraccia piena  soprattutto del morale sazio, stracolmo, pieno per usare ogni mia energia per gli ultimi 40 chilometri.

La abbraccio, mi siedo con lei nell'erba, sono appagato. Queste montagne che mi hanno segnato a fondo un anno fa durante l'Iron Bike, le ultime due terribili tappe dell'Iron, lo Chaberton la sopra a dominare ogni paura, tutto mi torna e mi sento bene. 
Ho corso due domeniche sulle montagne dell'anno scorso, la Via del Sale del giorno della partenza a Limone, e l'Assietta Legend dei giorni dell'arrivo a Sestriere. Una sorta di percorso catartico, il ritorno sfiorando le emozioni passate, il ricordo senza attraversarne la sofferenza estrema.

Più tardi, davanti a una birra e un cheeseburger, in piazza, leggendo le classifiche con Ele, torno con i piedi nelle mie scarpe della mediocrità. Come sempre, in particolare quest'anno, sono andato piano, ventisettesimo M5 su 65 arrivati, un pò come a Limone o a Vinadio, dove la classifica migliore è frutto solamente dei minori partenti. E inizia la giostra dei però, però dai si sono ritirati in tantissimi, però dai non sei andato male, però dai non avevi alcuna preparazione specifica per una marathon durissima di questo livello e anche stavolta ne sei venuto a capo, e così via.

Vado piano, fatico ormai ad entrare nella prima metà dei partecipanti, non ho forza nelle gambe e nessuna voglia di andare oltre come in gara si dovrebbe fare, eppure mi sono divertito. Ho corso per sei domeniche di fila in gravel, xc, granfondo e marathon, e non me ne pento proprio. Non sono un fenomeno, men che meno un campione, ma ammettiamolo dai, lo sono forse gli altri? No, quelli forti non sono tra gli amatori, quindi chi se ne frega. A modo mio, assolutamente solo per me, in fondo ho vinto quello che volevo.
Ho provato emozioni, ho passato bellissime giornate con la persona che mi sta accanto con amore e che a volte corre con me, altre mi fa le foto, ho chiuso un circuito, il Marathon Bike Cup, dove nessuno si è accorto di me (uno schifo di maglia finisher in nome di tutto il sudore versato era troppo vero?), ho continuato a usare tutto me stesso, per quel poco che è, ma senza smettere un attimo di farlo.

Biker, sempre, BikerForEver.







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