giovedì 7 luglio 2016

LA FORZA DELLA RUOTA E LA FORZA DELLA MENTE

Mi alzo e c'è cielo terso a Sestriere. Aria bella fresca e caldo alla luce del sole, non potevo sperare di meglio oggi.
Saluto Elena che si sveglia per la sua partenza che è più tardi, mi scaldo un pò e vado in griglia. Sono passati sei anni dall'ultima volta all'Assietta Marathon, tanti ricordi in tasca.
Partiamo e per un'ora scendiamo giù verso Pourrieres, con in mezzo tanti strappi che fanno male. In Val Troncea mi passa il Brunelli, mi sento un paracarro. Ma provo a pensare ad altro e continuo a tirare come posso.

Inizia la salita infinita, 18 km per 1800 metri, e mi metto del mio passo senza strafare. Mi passano parecchi, la Meli mi saluta e non provo nemmeno a seguirla ora. Fa molto caldo e voglio stare bene dopo i 50 chilometri,
L'asfalto finisce al colle delle Finestre, inizia la strada di prato e di pietre che sale su a cima Ciantiplagna, faccio il primo tornante e sento un "tac" forte e metallico. Faccio finta di niente ma sento rumore, mi fermo, e vedo che si è sfondato il cerchio. La ruota stortissima tocca contro il carro e rimane frenata. Non se ne parla, salgo in sella e riparto. Ma faccio una fatica bestia, la salita che va su a quasi 2700 metri di quota è già dura di suo, con la bici frenata è un calvario. Mi fermo decine di volte, con il piede prendo a calci il cerchio sperando di raddrizzarlo, ma nulla. Cammino parecchio, mi sento senza più forze, mi passano tutti, la testa crolla e decido di ritirarmi. Solo che faccio prima a proseguire che tornare indietro, per cui vado avanti piano piano.
Scollino e scendo lentamente, ho paura si rompa del tutto il cerchio e di farmi male, e non ho più voglia, morale, determinazione.



Arrivo ad incrociare la salita del colle dell'Assietta verso la sua parte finale, stan salendo quelli del giro classico, e vedo un paio di tornanti sotto Elena. Mi fermo e mi siedo ad aspettarla, dai almeno la saluto.
Arriva e mi metto al fianco, parliamo e le racconto la mia tristezza. Lei è terza e la seconda la vedo avanti di qualche minuto.
Dimentico tutto, e mi metto a tirarla. "Dai andiamo a prenderla Ele, dai che fai seconda". Ed inizio a menare come un deficiente con lei a ruota che continua a gridarmi "molla e non mi seminare!". Sto benissimo, sono pieno di forze, e facciamo i colli seguenti veramente forte, ma senza riuscire ad agganciarla. In cima al Genevris ci buttiamo nella discesa finale fortissimo e quando arrivo al bivio del Marathon, che è un attimo prima del traguardo del classico, le chiedo "ti spiace se faccio che farla tutta?" "Vai pure".
Così faccio gli ultimi 10 chilometri sul bellissimo sentiero "Bordin" a tutta, come se lottassi per chissà quale posizione. Continuo a risuperare biker fino agli ultimi 100 metri degli 85 chilometri di gara.
Passo il traguardo e arriva lei con il turbante in testa, ha appena finito la doccia. Sono sorridente, contento, anche se il tempo finale è ovviamente altissimo. Abbraccio le mie figlie, sono divertito e felice, anche se la bici vorrei buttarla nel primo cassonetto che trovo.

Penso che forse vale più questo 396esimo posto che tante gare chiuse nei primi 150.
Perchè ora so quale è la forza di una ruota rotta, e quale è la forza della mia mente.
Basterebbe avere voglia di usarla.


BikerForEver




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