domenica 23 giugno 2013

ALTA VIA STAGE RACE: ONLY THE BRAVE?

E' finita. Anche l'ultima tappa, strisciando, l'ho portata a termine.
Una lunga salita, fatta senza più alcuna forza, e una discesa tecnica come sempre, fatta senza più essere capace nè a guidare nè a divertirmi.
Non volevo fosse un calvario, è stato un calvario.
Sono finito undicesimo, quando dopo tre giorni ero sesto. Ma sono arrivato e con quello che è successo non è stato semplice.

Tanta roba, da dire e da raccontare.
Ma non semplice a farsi.

Devo metabolizzare, digerire, capire. Ora ho solo i flash, non ancora i ricordi.

Su tutto corpo e mente demoliti. Il cuore che a tutta non arriva a 130 battiti, il pus che esce dai cerotti sul tallone, il ginocchio gonfio che fa rumore mentre pedalo.
La mia mente provata, da cose esterne e dalla fatica, ma anche la forza di ripartire la mattina in condizioni pietose per portarmi al traguardo in qualche modo.
I paesaggi pazzeschi, su tutti il Monte Galero della sesta tappa, sotto il temporale con lampi, fulmini e tuoni: la cresta da cui si vedeva il mondo non la dimenticherò mai.
il cibo assurdo, fatto di polente, cinghiali, formaggi, e quasi sempre senza frutta e verdure, per devastare il fisico già messo a dura prova.
Il campo, le facce dei biker la mattina al risveglio, le cene e le parole, le docce e le notti in tenda.
La disorganizzazione crescente e culminata con l'ultimo arrivo.
La voglia di lottare sempre, persa alla tappa quattro, con un copertone tagliato mentre ero quinto in fuga come sempre, e distrutta assieme ai miei piedi sulle infinite pietraie tra Faiallo e Beigua.
Le discese tecniche e le salite in portage, entrambe infinite: questa è roba seria, ragazzi.
Le facce di Risca e Loca, per tenermi vivo in qualche modo.
La bella sera al Colle di Nava, nel forte, e la scoperta che un pò di birra la sera ti migliora veramente la vita.
Le mie lacrime nella tappa cinque, quando non ne potevo veramente più, di testa e di corpo, e Tamburini che  con pazienza mi ascoltava e  mi faceva andare avanti.
La certezza di essere minore, di non essere all'altezza, che gli altri biker son più forti, duri, capaci, sempre.
La faccia di Stefan Utmacher, ragazzo meraviglioso e amico vero per otto giorni, quanto mi sono stati di aiuto i tuoi "Dai Fabri non mollare" e i tuoi esempi di modestia. E quella frase, la mattina nel forte a colazione dopo una notte al gelo, tremante con tutto quello che potevo addosso: "il freddo amico mio esiste solo nella tua testa".
I tentativi di resistere alla infinita forza nelle gambe di Canale, di Loca, di Paelink, di Utmacher, sempre e comunque, per non arrendermi mai anche se sempre perdente.
I tentativi di resistere alle folli discese dei genovesi, del Livellato e del GenoaBike, mentre mi tremavano le mani per la paura.

E infine il momento perfetto, mentre scendevo a piedi tra infinite rocce verso i Prati di Praglia, sotto un sole cocente, bici in spalla, passando il grandissimo Peter Paelink, amico di vecchie sfide in Sardegna, che guardandomi mi dice con la sua faccia da biker puro e duro: "Only the Brave?...NO! Only the Idiot!!".



BikerForEver.


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