lunedì 25 settembre 2017

NON SIAMO DEGLI EROI

Siamo partiti da Piossasco in quattro gatti. Nemmeno cento biker, che per una granfondo che ambisce ad entrare in Coppa Piemonte sono proprio pochi.
Abbiamo fatto due salite decisamente impegnative e due discese che definire tecniche è molto riduttivo. Io ho avuto le mani che tremavano per tutto il tempo. Ele a vederla molto meno.

Iniziamo la terza salita, e ci si presentano subito davanti dei muri impossibili.
Ele scende e spinge. La guardo in volto, è quasi paonazza, non ne può più.
Sale e scende dalla sua piccola Specy, senza più fiato, poi si arrende, si china e piange.
Piange forte a singhiozzi, capisco solo un "non ce la faccio più".
Mi prende un nodo allo stomaco, in fondo lei è venuta per me. Certo, io le sto accanto, ma la tenerezza per il suo sforzo mi fa male dentro.
Le fa male la pancia, ha i crampi, è sfinita.
Piange altre volte, arriva in qualche modo in cima, si tuffa con il solito indomito coraggio nell'ultima difficilissima discesa e cade al primo tornante strettissimo e pieno di rocce per i crampi.
Le tolgo i piedi incastrati nel telaio, lei mi guarda con le lacrime agli occhi, riparte e non molla più fino al traguardo.



Mentre ci cambiamo e carichiamo le bici in macchina, mi prende forte un pensiero.

Corro dal 1993 per sentieri, ho corso ovunque e ho fatto le gare più dure. Sebbene sia sempre stato incapace atleticamente, almeno ad esperienza posso dire la mia.
Negli anni novanta a Laigueglia si correva l'università della tecnica, e si facevano 1200 metri di dislivello e sentieri che oggi sono facili per un cross country.
Nel primo decennio erano considerate dure gare come la Collombardo, che faceva 1500 metri di dislivello. E la discesa era impegnativa ma si poteva tirare con un pò di pelo sullo stomaco.
Quest'anno ho fatto quattro gran fondo in Piemonte che con i soliti chilometraggi tra 40 e 50 chilometri avevano quasi 2000 metri di dislivello. E discese che fai fatica a fare con una bici da enduro.

Insomma qua si sta alzando sempre più l'asticella, e io vedo sempre meno biker in griglia. Sono orgoglioso di essere piemontese, di far correre le mie ruote in Liguria e su in Valle,  ma se si vuole portare gente alle gare, se si vuole riempire le griglie, non è così che possiamo andare avanti.
Se a Piossasco fossimo stati 500 partenti, e non dico i 4000 di un Sella Ronda, sarebbero state code infinite in discesa e qualcuno si sarebbe probabilmente fatto male.
La gente accetta di fare una fatica bestia per vedere il Massiccio del Sella, ma per il Monte S.Giorgio di Torino non credo.
Io amo vedere volti che sorridono contenti e felici ovunque alla fine, non volti distrutti e sconvolti dalla durezza del percorso.

I ragazzi che organizzano le gare da noi ci mettono l'anima. E quelli di Piossasco, di Torre Pellice e di altri bellissimi posti, per dire, si fanno in quattro. Ma poi raccolgono quattro biker sparuti in griglia e le gare spariscono nel nulla, come quella Collombardo a Condove che io personalmente adoravo.
Smettiamola di creare i miti delle gare dure e impossibili, torniamo al concetto solo nostro delle gare divertenti per chi sa davvero andare in bici. E divertire non vuol dire fare percorsi come la Gimondi Bike che tira su migliaia di persone su strade che quasi puoi fare in auto. Chi era che so nel 1999 a Laigueglia si ricorderà che in griglia eravamo quasi mille. E non 200 o 300. E alla fine c'erano facce felici e divertite, non volti sfatti e terrorizzati.
Le gare facili lasciamole al resto d'Italia. I massacri da dieci ore di mtb lasciamoli ai francesi e agli svizzeri, se no poi come troviamo la scusa per andarci in vacanza.
Noi non perdiamo la nostra identità, quella che da sempre ci fa sentire orgogliosi di essere biker piemontesi. Ma torniamo con i piedi per terra e avviciniamo alle gare anche chi non è un fenomeno.

Lo dico a persone che ammiro, e che so che possono capire:
non siamo degli eroi, ma semplicemente amatori della domenica.


BikerForEver


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