martedì 5 maggio 2015

IL CORPO E L'ANIMA DEL DESERTO

Ci sono cose che è facile raccontare. Ci sono cose di cui è facile fare un resoconto. Poi ce ne sono altre che sono un fiume in piena di emozioni, e non sai come fare. Perchè appena ti siedi a scrivere, ti sale da dentro e ti invade, che ti perdi con la testa nel ricordo e non riesci a scrivere.

Partecipare a una grande corsa a tappe in mountain-bike è una questione molto diversa che correre le gare di un giorno. Anzi non c'è quasi alcuna parentela. Correre una grande corsa a tappe in un posto assoluto, estremo, esotico, come il deserto sa essere ancora un'altra questione.

In fondo se uno la guarda da casa, la Titan Desert non appare una corsa troppo impegnativa. Le tappe sempre sui 100 chilometri, i dislivelli sempre modesti, le medie di percorrenza alquanto alte per essere offroad. E tu che hai scalato le Dolomiti, le Alpi, i Pirenei e andar dicendo, parti per il Marocco sereno, convinto che sarà una sfida facile da domare.
Poi conosci l'incubo e torni a casa diverso, cambiato. Perchè ti scava dentro, ti fa conoscere la paura e la gioia, l'emozione e la rassegnazione, e anche questa volta devi ammettere di aver capito qualcosa di nuovo.

Per la mia esperienza, piccola per carità ma ormai ventennale, il deserto è il posto più assurdo dove andare a correre in Mtb. Me lo sono chiesto ogni giorno: ma che senso ha correre in questo inferno. L'ho capito dopo, ma resta il fatto: è un posto off limit, sei sempre e solamente sul bordo del baratro.

Perchè fa caldo, un caldo che non respiri. La tappa più fresca c'erano 37 gradi, la peggiore 44.
Perchè c'è il vento, bollente e fortissimo, implacabile e sempre contro. E ti devasta spingere per ore senza poter mai avere un sollievo.
Perchè anche se è tutto piatto, il fondo è devastante: pietre, tole ondulée, infinite buche piene di sabbia dove ti pianti e devi rilanciarti, fuoripista nel nulla, oued e chott da attraversare che ti manca l'aria. E le dune, immense, che poi in fondo sono la cosa meno impegnativa di tutte.
Perchè dormi in tenda e hai la polvere ovunque. Non puoi liberartene mai, le docce hanno un filo di acqua e sei sempre sporco e con le piaghe nel culo.
Perchè devi orientarti fuori pista, e nel nulla del deserto di pietre o di sabbia è difficile.
Perchè ai ristori c'è solo acqua e powerade, quindi devi alimentarti da solo, e i crolli ipoglicemici sono continui.
Perchè il cibo è sempre uguale, buono ma uguale, e tu vivi con la nausea e al limite della dissenteria.

La Titan Desert del decennale, sono state sei tappe. Ho in mente ogni istante di ognuna di esse, scavato come la roccia dal vento nei miei occhi.
E' stato il primo giorno, in montagna, 8 gradi la mattina alla partenza e 37 all'arrivo, oltre sette ore con la felicità negli occhi, era la mia giornata e me la sono presa alla grande. Panorami infiniti di montagne di sole rocce, discese su pietraie senza fine e scalate controvento devastanti.
E' stato il secondo giorno che sembrava tutta in discesa, ed invece ho conosciuto la prima crisi di disidratazione, arrivando alla fine strisciando per miracolo dopo 60 chilometri controvento tra pietre e sabbia a impazzire.
E' stato il terzo giorno della seconda tappa di montagna, con Loca a non mollare il gruppo dei primi 100 per finire tra i dromedari che corrono liberi al pascolo. La gioia e la follia della tappa marathon, con addosso sacco a pelo, materassino e ricambio per la tappa seguente, perchè all'arrivo per regolamento non ti portano nulla per due giorni, e devi sapere fare tutto e dormire in un tendone insieme ad altri 600 biker.
E' stato il quarto giorno, quello dove mi perdo nel nulla, non meno di due ore senza sapere dove sono con Ahmed, giovane e pimpante biker marocchino, con Loca che ci raggiunge perso nel nulla come noi due, senza pista e in una valle di sole pietre, e la crisi di quando troviamo la strada e io perdo ogni energia.
E' stato il quinto giorno, quello della tappa di pura navigazione, solo 4 coordinate da mettere nel GPS per fare oltre 100 chilometri, poi le dune del grande Erg da attraversare e il nulla per ore, biker come formiche impazzite ad ogni angolo dell'orizzonte, e la crisi in totale ipoglicemia e disidratazione degli ultimi 30 chilometri di buche e pietre controvento, con 44 gradi e già sei ore a tutta nelle gambe.
E' stato il sesto giorno, quello della felicità, della tappa di sole tre ore, del "chissenefregadellaclassifica", del "vogliosoloarrivare", degli abbracci, delle risa, delle lacrime di gioia, del Pier sul podio dei master, delle 1000 persone a una cena che sembrava la festa del Tour de France.

Ma la Titan Desert è stata molto altro.
Siamo stati innanzitutto noi sette: Pier, David, Ricky, Simone, Loca, Leo ed io. Uniti in tutto, a tutta in gara come ognuno poteva.
E' stata la serata a Marrakesh e nella Jema El Fna, e per le vie della Medina.
E' stata il viaggio attraverso Ouarzazate fino a Bouleamne Dades da cui partiva la gara, i primi colori dell'Africa negli occhi, e il pranzo di Tajine in montagna.
E' stata i riposi in tenda, i pranzi e le cene al campo, le docce, le sveglie all'alba, i camel back da riempire e le piaghe da curare.
E' stata i panorami mozzafiato, l'emozione del deserto, i bambini sulle piste con le mani tese e salutare, a piedi nudi e con addosso due stracci la dove tu faticavi a stare in sella.
E' stata il viaggio di ritorno verso Fez, l'arrivo del verde e delle foreste, il pranzo in un posto senza tempo e senza luogo con la tajine migliore del mondo e gli spiedini fatti tagliando l'agnello davanti ai tuoi occhi.
E' stata la Medina di Fez, il perdersi nel Marocco e i suoi mille odori, sapori, rumori. La povertà che ti conquista, che ti fa sentire migliore, che ti fa capire tutto in meno di un istante.
E' stata il Muezzin e le sue preghiere urlate.

E' stata gli occhi di ognuno di noi sette, che mostravano come l'Africa fosse entrata dentro. Possiamo negarlo quanto vogliamo, ma una parte dell'anima è rimasta là e partiremmo domattina per ritrovarla.

E' stata entrare a casa alle 2 di notte in silenzio, e ritrovare il calore della famiglia e del proprio letto.

Ho corso ogni istante per sei giorni con altri 612 biker giurando che sarebbe stata l'ultima volta, che ormai sono vecchio e il mio fisico non può più reggere questo massacro. Dall'istante stesso in cui ho finito, come oggi che scrivo, non vedo l'ora di ripartire.


BikerForEver

















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