lunedì 5 febbraio 2018

VOI NON POTETE CAPIRE

Sto risalendo verso casa con Elema. Mi sento scoppiare, a forza di mangiare salsiccia patate lesse  e fontina giù alla palestra di Cogne in un pasto dopo gara degno di un ristorante. Cammino lentamente nella piazza del Comune, la testa vuota di ogni pensiero e sereno per la mia ennesima Marcia Granparadiso portata a termine in entrambe le giornate.
Ci avviciniamo alla pista che in questo tratto passa nel centro del paese appositamente innevato, e sentiamo delle voci di incitamento. D'istinto ci fermiamo a guardare, ed arrivano due signore vestite integralmente di nero. La prima un pò sovrappeso la seconda minuta e anziana, molto anziana, a vederla non meno di settantanni. Sono le 14,17, sono passate oltre quattro ore e un quarto dalla partenza di una gara che il primo ha fatto in un'ora e quaranta e io in due e quarantotto nella mia pochezza amatoriale.
I vigili controllano il traffico, l'addetto alla pista sistema la neve per il loro passaggio. Passano ed entrano nei prati di Sant'Orso, sull'ultimo strappo la signora un pò più grossa allunga e va verso il traguardo da sola, mentre quella più anziana annaspa stanca. Al traguardo lo speaker le incita, la musica in sottofondo.

Mentre le seguiamo con lo sguardo nel loro traguardo, nel rispetto verso la loro fatica, con tutto al suo posto come se stesse arrivando il primo classificato, riprendiamo a salire verso casa felici. Perchè vedere due signore qualsiasi, che con pazienza si mettono a 15 gradi sottozero una mattina di febbraio nonostante l'età, per correre la "loro" Marcia, e che con una fatica che solo chi ha percorso 40 km a passo classico nel freddo polare con oltre 850 metri di dislivello può capire, è l'immagine più bella che lo sport potesse darci oggi.
Qua vince il primo uomo e la prima donna, si premiamo i due podi e gli altri sono tutti uguali. Non ci sono categorie, età, divisioni varie e assurde. Qua nessuno arriva a braccia alzate, qua tutti arrivano felici della loro piccola impresa, delle sensazioni provate a correre quel binario di neve davanti agli occhi, a sopportare i polmoni che bruciano per il freddo, a rimanere in piedi nelle discese ghiacciate e ripidissime di questo percorso davvero d'altri tempi per il passo classico.

Ognuno si misura con se stesso e contro gli avversari di giornata che trova per strada al suo ritmo. E tutti, veramente tutti, rispettano lo sforzo di ognuno, che voli a vincere leggero come un vento sugli sci, o che arrivi dopo cinque ore stremato dallo sforzo.






Ho corso la mia due giorni a Cogne nonostante avessi smesso il giorno prima gli antibiotici. Ele non ce l'ha fatta, si era ammalata due giorni dopo e le sono stati fatali nel recupero. Mi ha seguito con pazienza, come sempre, e come sempre non so come dirle grazie.
Venerdì a skating, il mio passo preferito, ero senza energie ancora e sono arrivato vuoto nella mente e nel corpo. Domenica in quel passo classico che non so fare, dove la mia pochezza tecnica viene fuori senza pietà, sono arrivato felice dopo aver passato un pò meno di tre ore ad essere felice come mai, mentre piano piano le forze si svuotavano e gli sci tenevano meno, guardando il binario davanti a me a volte illuminato dal sole altre azzurro e gelido all'ombra, mentre cercavo di tenere il passo degli altri fondisti attorno a me. Uomini e donne che spingevano con tutto il loro corpo e le loro forze felici e vuoti come solo in questi momenti possiamo essere.

Prima di partire mi chiedevo perchè correre ancora questo sforzo al gelo senza alcuna possibilità di classifica, per fortuna che adesso me lo sono ricordato. Che possa non dimenticarlo mai.


BikerForEver






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