martedì 31 maggio 2016

ROAD OUTING

Molte domande, molte risposte. Nessuna domanda, nessuna risposta.
In pratica confusione. Incapacità a spiegarsi, esprimersi.

La mia avversione alla strada, alla bici da strada, all'asfalto, appare sempre ingiustificata, insensata, assurda, costosa, inutile.

Un vezzo, una mania. Sei un ciclista, non dire eresie.

Se ribatto sembro altero, stizzoso, altezzoso.

Non mi piace andare su strada perchè a me piace la natura. Sinceramente a me non piace nemmeno molto il ciclismo, raramente lo guardo in TV, persino la MTB sullo schermo mi porta presto a noia.
Io uso la mia BMC full per arrivare là dove a me piace. E' un mezzo, e io lo uso. Può essere un bosco, una montagna, il Sudafrica, un deserto. Non mi piace allenarmi e pedalare. Mi alleno e pedalo per realizzare i miei obiettivi, ovvero anche questi gesti sono un mezzo per ottenere ciò che più di ogni cosa voglio: essere dove mi piace con il mezzo meccanico che mi piace. Ed essere magro e in forma, invecchiare lentamente.
Ho bisogno di sentire la fatica della salita sui sentieri, di sentire i rumori della natura, di fare più salita di quello che il mio fisico può permettersi, ho bisogno di scendere dove fa paura, di sentirmi migliore perchè lo faccio, di sentire la testa che si svuota di ogni pensiero. Ho bisogno di nutrirmi dei miei giri, dei mie boschi, delle mie montagne. Usando un pezzo che adoro, lasciatemi leccare l'adrenalina.

Mi piace l'agonismo, anzi concepisco lo sport solo come agonismo. Come diceva un amico biker di altri tempi che ancora profondamente stimo, "io non pedalo, io corro". Il giorno che smetterò di correre in bici probabilmente smetterò anche di pedalare. Certo mi serve per non ingrassare, ma non mi diverte. La bici è noiosa e faticosa, specialmente su strada. E non mi diverte.
Adoro la tensione pre-gara, alzarmi presto maledendo di averlo fatto, andare tre volte al bagno perchè devo entrare in griglia, sentire l'odore degli altri, attendere il via con le mascelle serrate, partire e sentirmi svenire dopo dieci secondi per lo sforzo. Adoro odiare di aver fatto anche questa gara, adoro essere terrorizzato da una discesa e maledire una salita perchè non ho le forze che vorrei avere, adoro il maltempo che rende la corsa troppo pericolosa e difficile. Adoro correre anche se arrivo ultimo, se sono nessuno, uno sfigato, un perdente.
Pedalo per correre, per perdere, per provare gioia mentre lo faccio. Ed adoro il mio coraggio di continuare a farlo anche se sono un perdente, un nessuno del pedale.

Non mi piace la pista, le fixed, i circuiti, le granfondo su strada, il bmx, l'enduro o che so io. Non mi piace altro che correre in mountain bike.

Odio andare su strada perchè poi mi prende l'agonismo, e inizio a spingere a tutta anche sull'asfalto. E io sull'asfalto sono caduto una sola volta, e mi sono distrutto. E la voglia di agone ha in me sempre il sopravvento, per cui se corro su strada alla fine mi sale, e rischio di esagerare, di farmi male di nuovo. Per una cosa che in realtà non mi diverte. Ha senso? Mi chiedo, ha senso?

Sono quasi certo che nessuno condivida questi pensieri. Posso non essere orgoglioso della mia diversità? Posso non stimare il fatto di essere me stesso sempre e fino in fondo?

Lo scorso weekend sono stato a Firenze, ospite dell'Alby, come sempre un esempio di cortesia ed educazione (grazie di cuore amico mio). Sabato ha corso Elema in fissa, era felice, io per lei, anche se mai ci proverei.
Poi domenica abbiamo corso tutti e tre la Granfondo Città di Fiesole, altisonante nome per una gara organizzata male, gestita male, con un percorso stupido a circuito mal segnalato e in cui non si capiva un bel niente. Ma conta poco.
Mentre l'acqua veniva giù a secchiate ed Elema girava per il corto senza la mia approvazione, mi son trovato a correre ormai quasi ultimo per oltre 50 km per tornare a Fiesole e mentre ero fradicio e non vedevo quasi nulla nel torrente di pioggia che invadeva ogni strada, mi è salito l'agone e ho corso per quasi due ore in salita pianura e discesa come un pazzo, prendendo ogni rischio e spingendo come da molti anni non spingevo su strada. Ne ho ripresi parecchi, e forse non andavo io forte ma gli altri solamente andavano pianissimo essendo gli ultimi. Ma mi è salita, eccome se mi è salita, e ad un certo punto mentre non vedevo nulla ad oltre 40 l'ora bagnato come mai, mi sono reso conto che nemmeno sentivo freddo e non avevo messo manco lo smanicato, ecco allora ho capito che non è bene che corra su strada. E che continui a ricordarmi che a me non piace il ciclismo.

Io sono un biker e tale resto.
Sinceramente, con il cuore in mano, ho solo voglia di corse a tappe sulla mia full e di massacrarmi nel fango.

Vorrei qualcuno capisse, nessuno capirà.


BikerForEver


sabato 21 maggio 2016

GOOD JOB

A volte è meglio rinunciare alla propria classifica.
A volte è meglio correre pensando alla classifica di qualcun altro.

Bramaterra 2016, a me con il fango è piaciuta. Non era un giro mio, ma era un bel giro. Lungo quanto basta, duro il giusto.

Elema ha corso bene, io ho corso aiutandola a vincere.
Sempre assieme, sempre ad un ottimo ritmo.

Bravi, abbiamo fatto un buon lavoro direi.


BikerForEver









venerdì 13 maggio 2016

SOUTH AFRICA

Ha suonato la sveglia, sono le 5 e 20 come tutte le mattine. Mi sono stirato nel mio sacco a pelo, senza nessuna voglia di alzarmi e uscire dalla tenda. E' l'ottavo giorno di gara, la schiena fa male, le gambe fanno male, la ossa fanno male. Ieri sera ho mangiato troppo come al solito e ora sono un pò stomacato. Meno male che la birra ha aiutato,
Ho fatto colazione e poi mi sono vestito, il freddo era meno deciso del solito, ci saranno stati almeno 8 gradi, meglio. Sono andato in griglia sbadigliando come sempre, ho visto gli altri del nostro gruppo sparsi qua e la. Alla partenza alle 7 in punto il sole è basso, e negli occhi, e da decisamente fastidio.
Sono partito un pò meno pimpante del solito, ormai sto usando le ultime energie. Mi son messo con Loca e in breve siamo arrivati al single track...

"It's a dream, it's a dream!" Ormai abituato a parlare inglese, mi sto gridando questa frase nella testa, senza fermarmi. Sto scendendo da non so quanto una traccia di terra rosso ocra larga 50 cm. nel verde della foresta pluviale. A sinistra contro luce la valle che si apre con il fume sotto 1000 metri coperto da una nebbia sottile. Attorno la foresta pluviale si intervalla con prati verdissimi. Di tanto in tanto un villaggio abitato da neri che vivono nelle capanne e sul bordo del sentiero urlano e ballano al passaggio di ogni biker, e quindi anche al mio.
"Sto sognando, Dio ti prego non farmi svegliare, non mi voglio svegliare". Urlo dentro di me e guido a tutta, "non farmi finire questo momento, non farmi smettere".

Dopo quasi 40 km nel sogno fattosi finalmente realtà la nebbia del fiume mi inghiotte. Non so se sia l'umidità o se siano lacrime di gioia, ma ho le guance bagnate. Ed inizio a pedalare davvero.


Questa benedetta quinta tappa proprio non riesco a digerirla. Sulla carta era la mia preferita, tanta salita e tanto dislivello, ma oggi c'è tanta strada ripida e larga e io non ho forze, Sono indietro rispetto al solito, dopo l'ottantesimo km mi ha passato gente che non avevo mai visto, mi prende lo sconforto. Esausto vedo le bandiere dell'ultimo ristoro, mi fermo mangio e prendo da bere. Con la coda dell'occhio vedo una ragazza esile che riparte, salto sulla bici e spero mi tiri un pò.
Passa il tempo e prendiamo un altro ragazzo sudafricano. Ci guardiamo, come ti chiami, dai andiamo assieme all'arrivo. Dai che torna il morale.
Passa anche il centesimo, vedo una maglia bianca, vedo un biker affaticato, è Zambo. Lo prendiamo con calma senza forzare, si attacca. Entriamo nella nebbia, arriva anche il centoventesimo mentre inizia un single track nella pineta mentre un tipo in kilt appare nella nebbia fitta suonando una cornamusa con un cartello "Welcome we are Scottish". Mi chiedo se sto bene o sia una scherzo.
Discesa tecnica, tiro forte e porto il gruppetto al traguardo. Ci abbracciamo, le pacche sulle spalle si sprecano. Mentre abbraccio Andrea, una voce dentro mi dice "se hai passato oggi Fabri, passa tutto, passa tutto."


Terza tappa, sono quasi 100 km che tiro alla morte. Sono con David e un bel gruppetto dove tutti menano come fabbri. Mi sono staccato più volte, ma l'ultima è stata terribile, sono rimasto da solo al vento a 100 metri per più di mezz'ora per prati e stradine vallonate, da fare a velocità altissime. Ma alla fine mi sono riagganciato ancora, e David guardandomi ha riso di gusto "questa volta pensavo non ce la facessi". C'è il ristoro, ci fermiamo tutti a prendere acqua, fa caldo e c'è molta polvere. "Chain lube, chain lube", un bimbo mi prende la bici e mi lubrifica la catena. Guardo David e sorridendo "vai pure ora, sono stanco, me la prendo comoda". Sono esperto e so che ormai il vantaggio preso su quelli con cui sono solito lottare è ampio. Riparto e inizia la lunga salita su sentiero, bella, quasi alpina, verso il Monte Paul, scollino e si apre il panorama su un grande lago blu cobalto, che contrasta forte con il rosso delle rocce. Respiro profondo, e mi esce "Wow!!" prima di gettarmi nel single track per scendere e correre all'arrivo.


La settima tappa è bellissima. E' un pezzo che andiamo per single track su prati ma soprattutto tra foreste di pini e di eucalipti. Sembra di essere dentro una caramella Golia. Prendo finalmente i due ragazzi sudafricani che inseguivo da due ore, e facciamo due parole. Altra foresta ed inizia un sentiero tecnico fantastico,curve, tornanti, dossi, tutto coperto di aghi di pino. Il ragazzo che entra per primo inizia a tirare fortissimo, continuiamo ad aumentare e arrivo veramente al mio limite per non staccarmi. Mi diverto, ma sono concentratissimo, il bosco è fitto e un errore vorrebbe dire farsi male contro una pianta.
Quando ne usciamo non resisto, mi alzo sui pedali e lo affianco. "Compliments, well done".E gli porgo la mano. Me la stringe ridendo forte.



Nove. Nove mattine che vado in griglia dopo aver fatto gli stessi identici gesti. Ma oggi è diverso, non solo perchè pioviggina e c'è un vento gelido e teso, ma perchè sappiamo tutti che è l'ultima volta. Partono a tutta come sempre, e come sempre la sensazione che mischia conati di vomito e svenimento mi assale subito. Stradine, campi verdi, granturco, sentierini, e tutti a tirare come matti. Anche oggi. Penso, ma non ne hanno basta? Riesco a star dentro al gruppo insieme a Loca e Zambo, siamo nei primi 40 anche oggi, ma qua nessuno regala mai un metro.
E come ogni giorno mi stacco e rientro, mi stacco e rientro, usando l'esperienza e un pò di pelo in discesa. Quando mancano meno di 5 degli 84 km da fare anche oggi, si fa il buco e rimango un pò indietro con due svizzeri. Non me ne frega nulla, sono pieno, ebbro, felice.
Salgo la passerella galleggiante sul fiume che sfocia nel mare di Scottsburg e mi appare il traguardo. A mala pena riesco a non cadere in acqua, entro sul ponticello di legno sulla spiaggia ed è finita. Nove giorni, circa 950 km, oltre 13000 metri di dislivello, ogni ambiente, pascoli, campi, savana, foreste, jungla, pianure, valli e montagne, stradoni sentieri e viottoli, villaggi nel nulla, fiumi su passerelle galleggianti, ristori, sole bollente e freddo sotto lo zero, nebbia pioggia e sereno. Tutto questo è passato sotto le mie ruote e dentro i miei occhi.
Mi chino e mi scattano l'ultima foto, mentre con le dita faccio il 9 dell'ultima tappa. Sono arrivato, sono al mare, la Old Mutual Joberg2C (si legge "gioberg tu si", da Johannesburg al mare) è finita. Sono sereno, e mi dico da solo "Goog Job Fabri, well done". Come ho sentito ogni giorno insieme alle tante pacche sulle spalle.



Seguirà la premiazione, la gioia profonda della vittoria negli Over50 davanti proprio a Zambo, del 38esimo posto assoluto su circa 700 partecipanti, gli aperitivi serali senza fine per festeggiare insieme agli altri del gruppo, Ricky, David e Loca, con Leo in ospedale con il suo braccio rotto.
Seguiranno altre cose, ma resterà questo strepitoso Sud Africa, questa corsa voluta e presa con i denti, corsa come mai avevo corso prima e forse mai correrò in futuro, i sorrisi continui della gente, il cibo troppo buono, le tante birre, le mattine gelide e i pomeriggi al sole a riposare, gli infiniti paesaggi rimasti dentro e che sognavo da quando, bambino, guardavo le foto dell'Africa sui libri di animali, le zebre che ti attraversano la strada e le stelle splendenti la notte, i tramonti caldi e le albe gelide, la mia tenda e il mio sacco a pelo vestito con tre maglioni, le risa e la felicità ogni giorno con gli altri amici.

Resterà questo Sud Africa, resterà per sempre.


BikerForEver